Omelia (20-07-2025) |
don Andrea Varliero |
Abitato da due sorelle Mi piace questo rabbino Gesù: ha vissuto abitando case di amici. È vero, ha amato tutti senza eccezioni, ma ha saputo vivere tutte le gradazioni dell'intimità, ha saputo amare dando volto e nome, distinguendo i rapporti umani. Mi piace questo rabbino Gesù: ha fatto tanta scuola attorno alla tavola. La tavola: quella di Abramo preparata per ospiti inattesi e la tavola della casa dell'amicizia a Betania. La tavola, grande filo conduttore alla liturgia della Parola e della vita. La tavola, dove abbiamo imparato a nutrirci gli uni degli altri, a volerci bene. La tavola, grande maestra di vita: si diventa adulti quando si impara a stare a tavola. Attorno alla tavola di Betania stanno due sorelle. Marta, «signora, padrona di casa»: è brava, in gamba. Ha così interiorizzato il senso del dovere, che forse è la maggiore tra le sorelle. Precisa e puntale, non ha paura a rimboccarsi le maniche, a gestire quella grande impresa che si chiama casa, non ha paura di lavorare. Perfetta padrona di casa, tutto sotto controllo. «Quasi» tutto, qualcosa scricchiola, qualcosa non regge a tutto quel peso addosso. A furia di giocare la parte della brava, dentro di lei cresce un tarlo che conosciamo bene, un tarlo attualissimo: «affanno» è il nome di quel tarlo, ansia, incertezza, senso di inadeguatezza; l'affanno di chi si sente minacciato nell'identità. Preoccupazioni che diventano notti insonni, ossessioni come incubi, qualcosa che ci sfibra. Agitati, in balia delle tempeste della vita, senza un punto fermo. Una frase sfugge dal cuore di Marta, una frase assassina come un dardo infuocato, una di quelle frasi cecchine pronunciate senza guardare in volto: «Tu, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire?». Invece di parlarsi a viso aperto, tra sorelle, si gioca di sponda, tirando in ballo l'ospite; si fa leva sul senso di colpa, «non ti curi?»; ci si sente lasciati soli; si mendica di essere visti; si alza la voce per essere considerati. Come darle torto? Spesso, spessissimo sta nelle nostre labbra la stessa frase di Marta: Signore, non ti curi di me? E l'altra sorella, Maria? Tutto tranne che una remissiva, una timida, un'ingenua. Quella donna compie un gesto sconveniente, provocatorio, scandaloso: si mette ai piedi di un rabbino, atto inaudito, che una donna potesse essere discepolo, che una donna potesse mettersi a studiare, ad ascoltare, che una donna potesse essere capace della Parola di Dio. Vietato, fuori da ogni regola: lei, ai piedi del Maestro, ha scelto di abbattere un pregiudizio, ha scelto di oltrepassare una convenzione. Ha scelto la parte bella, quella che non ci sarà mai tolta. La parte bella, quella che non perderemo mai. Potremo perdere il saluto delle persone, potremo perdere la stima, la fiducia, la considerazione, potremo perdere tutto in noi e attorno a noi, anche la salute, ma qualcosa rimane. Sempre. La sua Parola. Un padre del deserto narra che «un fratello venne dal maestro Silvano al monte Sinai e, vedendo i fratelli che lavoravano, disse: "Non lavorate per un pane che perisce, ma per quello che dura per la vita eterna. Maria, infatti, ha scelto la parte buona". L'anziano non rispose nulla, ma disse semplicemente al suo discepolo: "Dà un libro a questo fratello, e conducilo in una cella vuota". Quando furono le tre del pomeriggio, il fratello guardava nella strada se qualcuno venisse a invitarlo a pranzo, ma non venne nessuno. Allora, poiché nessuno giungeva e la fame si faceva lancinante, il fratello andò a trovare l'anziano Silvano e gli chiese: "I fratelli non hanno mangiato oggi?", Silvano gli rispose: "Sì. Ma tu sei un uomo spirituale e non hai bisogno di questo pane. Noi invece siamo esseri carnali, vogliamo mangiare, ed è per questo che lavoriamo. Ma tu hai scelto "la parte buona" e leggi e preghi tutto il giorno, non vuoi mangiare un pane carnale". Quando il fratello intese questo da Silvano, cadde ai suoi piedi e disse: "Perdonami maestro". L'anziano gli disse: "Anche Maria ha assolutamente bisogno di Marta: infatti, grazie a Marta anche Maria viene lodata"». Non separiamole queste due sorelle, non facciamo il tifo o per l'una o per l'altra, non strattoniamole tra attivismo e spiritualismo. Abitiamole dentro: come un dialogo necessario quando ci sembra di essere lasciati soli, di fare tutto da soli, quando l'affanno e la preoccupazione ci impediscono il prenderci cura. Quando viviamo il servizio come una schiavitù, invece che come una libertà. Quando contrapponiamo il tempo dedicato alla casa al tempo dedicato alla preghiera. Quando abbiamo fretta, e ci sembra di perdere di vista l'essenziale. Quando viviamo da persone efficienti, più che da amici. Quando non sappiamo più gioire di un Dio che entra come ospite, un amico inatteso. |