Omelia (29-07-2025) |
Missionari della Via |
Commento a Gv 11,19-27 Il rapporto di Gesù con Lazzaro, Maria e Marta è molto familiare, erano proprio amici di Gesù. Nel Vangelo, infatti, sta scritto che "Gesù voleva bene (amava con amore di agape) Marta, sua sorella e a Lazzaro" (Gv 11,5). C'è in gioco un amore gratuito, fatto di preoccupazione e cura, tanto che Gesù mette in gioco la sua vita per andare a trovare Lazzaro. I discepoli, infatti, erano sconcertati dalla decisione del maestro di andare in Giudea: «Rabbi, poco fa i giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?» (Gv 11, 8). Gesù, nonostante ciò, vuole andare dai suoi amici e sa benissimo che arriverà quando Lazzaro sarà già morto. È proprio questo il punto del dialogo con le due sorelle che hanno personalità diverse e reagiscono al dolore in modo diverso. Marta corre incontro a Gesù, Maria invece rimane in casa. Marta si fa annunciatrice della resurrezione, chiede quello che sa che Gesù può fare, Maria che sapeva ascoltare Gesù, sembra chiudersi in se stessa. Gesù dal suo canto, risusciterà Lazzaro, ma ciò non toglie che si turbò fortemente (tarassein) per la morte dell'amico. Come ci indica il termine usato, Gesù si sdegnò davanti al lutto, era agitato per quello che era accaduto, non tratteneva le lacrime, tanto che la gente diceva «vedete come lo amava» (cf Gv 11,36). È bellissimo pensare a un legame profondo che legava Gesù ai suoi amici e anche all'ironia che poteva suscitare: "se lo amava, lui che fa miracoli, perché ha permesso che morisse?" (cf. Gv 11,37). Davanti ai dolori che viviamo noi riusciamo ad essere veracemente taglienti come Marta, chiusi in noi stessi come Maria e insieme sdegnati come Gesù. Viviamo, cioè, umanamente e profondamente il dolore di aver perso un amore, un'amicizia, una parte della nostra vita. E non esiste un modo giusto per tirare fuori quel turbamento, che spinse Gesù fino alle lacrime e ad accettare l'ironia degli uomini che anche oggi gli rimproverano di non fare nulla per coloro che soffrono. Si, la morte è per tutti, e il Signore conosce il nostro sdegno e il nostro dolore, la rabbia che spesso viviamo. Perciò c'è una voce che grida da fuori di noi, che non ci ha promesso l'eternità qui, ma vuole che viviamo da Dio, e grida il nostro nome con tutte le forze. Chi non ci ha promesso l'eternità sulla terra, piange con noi e continua a cercarci, perciò usciamo dai sepolcri. È vero, tutti moriremo e le persone a noi care continueranno a morire, ma nonostante questa fragilità della nostra esistenza e il dolore conseguente, possiamo non dimenticare che ci attende la resurrezione, e ci sarà sempre la voce di Dio che griderà il nostro nome. «Un grido violento esce dagli uomini ed è un grido di morte; un grido violento esce da Gesù ed è un grido di vita: "Vieni fuori". Questa pagina è anche la pagina di ognuno di noi, è la pagina in cui un uomo è chiamato. Guai a quei "Lazzaro" che non sentono mai una voce che al di fuor li chiama, sia la voce di Cristo o di un altro, resterebbero per sempre sepolti nelle loro tombe!» (vescovo Mario Russotto). |