Omelia (23-07-2025) |
Missionari della Via |
Rimanere uniti a Cristo è certamente un'opera individuale, ma ci interroga anche in senso comunitario. Non possiamo pensare che il rimanere in Cristo sia una forma di impegno personale che non riguarda l'altro. Sono belli i termini che si susseguono, "rimanete" e "rimani", cioè non solo resta in Cristo ma resta con Lui insieme agli altri. Anche come comunità dobbiamo imparare a custodirci per rimanere uniti al Signore, fonte di ogni vitalità. Oggi, perciò, ricordiamoci che non si tratta solo del lavoro interiore di ciascuno per non staccarsi dalla comunione con Cristo, ma è anche un lavoro comunitario. Una Diocesi, una comunità, una famiglia, un monastero, rimane vivo se resta unito a Cristo, se quello che opera è trasmettere Cristo, mostrarlo, sentirlo, viverlo. Spesso ai bambini del catechismo si fa disegnare l'albero e i tralci che rimangono uniti, ciò aiuta molto ad esemplificare delle verità. Il rischio però per la comunità cristiana è essere realmente degli alberi di cartone, creare delle comunioni apparenti e spesso ben disegnate, ma non vitali. Manca la povertà di sentirsi bisognosi della linfa di Dio; perciò, si cercano anche nelle comunità dei surrogati che spesso portano a un individualismo per cui ognuno pensa a sopravvivere a creare un'esteriorità solida, ma non c'è lo Spirito che unisce, la linfa' che nutre tutti della presenza di Dio. Nessun singolo rimane in vita se non trova linfa nelle nostre comunità! Non si può chiedere al singolo di rimanere unito alla vite, se le nostre comunità non si prendono cura di nutrire con la Parola. «Nella Chiesa di Cristo, la prima conversione è quella della comunità, non quella dei singoli, perché è lo Spirito che opera la conversione di gruppi di fedeli riuniti, in luoghi di comunione trinitaria. La Pentecoste è la prima conversione della Chiesa, e tutte le conversioni individuali ne sono la conseguenza. [...] I singoli non possono cogliere la bellezza della comunione se le comunità non ne offrono loro l'esperienza e il gusto» (Mauro Giuseppe Lepori, monaco cistercense). |