Omelia (13-07-2025)
Agenzia SIR
Sentire l'altro

Nella XV domenica del Tempo Ordinario, Luca ci presenta il tranello che un dottore della Legge tende a Gesù ponendogli una domanda insidiosa: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". Gesù evita il tranello chiedendo al suo interlocutore di riflettere sul cuore della Legge e di riflettere sul proprio modo di leggerla e interpretarla. La risposta del dottore della Legge non tarda ad arrivare: l'esperto conoscitore delle Scritture di Israele tesse sapientemente i due comandamenti dell'amore a Dio (Dt 6,5) e dell'amore al prossimo (Lv 19,18), meritando la lode di Gesù. Se l'amore è il cuore della Legge, chi vive amando Dio e il prossimo può di certo gustare la vita eterna. La questione sembra risolta quando il dottore della legge per giustificarsi denuncia la difficoltà di individuare chi sia il suo prossimo...

Gesù allora ricorre ad un racconto parabolico per indurre il suo interlocutore a convertire il proprio modo di pensare. Gli racconta la disavventura di un uomo che, dopo essere stato aggredito dai briganti lungo la strada, viene privato dei suoi beni e lasciato mezzo morto. Questo corpo spogliato e ricoperto di ferite è il protagonista del set che Gesù allestisce: una strada deserta macchiata dal sangue di un uomo abbandonato al suo destino. Per quella strada si trova a passare prima un sacerdote e poi un levita. Entrambi però non attuano nessuna operazione di soccorso, fingendo di non vedere il malcapitato. In forza delle loro mansioni di ministri del sacro infatti si sentono esonerati dal venire in contatto con le ferite di quell'uomo che potrebbero contaminarli e compromettere il loro servizio cultuale. Il loro ossequio alle prescrizioni rituali li porta a sperimentare un'antitesi tra il servizio a Dio e il servizio ai fratelli.

Dopo il rapido passaggio del sacerdote e del levita, ecco sopraggiungere un samaritano, un uomo che gli ebrei reputano un eretico e un impuro e che invece possiede quella libertà che sola rende l'uomo simile a Dio e capace di offrirgli un culto genuino. Come il sacerdote e il levita, il samaritano vede ma, diversamente da loro, la sua vista non è offuscata da prescrizioni soffocanti. I suoi occhi vedono non solo un uomo ferito, ma un uomo che ha urgente bisogno dell'intervento di qualcuno che lo salvi dalla morte e lo restituisca alla vita. Ciò che contraddistingue il vedere del samaritano da quello del sacerdote e del levita è un moto interiore, profondo, viscerale che rimanda alla capacità di vestire i panni dell'altro immedesimandosi con ciò che questi prova e soffre. È la compassione infatti il motore del suo pronto intervento. Il samaritano sente che la scena che passa sotto i suoi occhi è un evento concreto che invoca tenerezza e coinvolgimento, che invita a muoversi e rimboccarsi le maniche: la vita del fratello indifeso grida, invoca il proprio coinvolgimento e ricorda a tutti che per dirsi uomini bisogna avere a cuore l'uomo.

È la compassione che produce prossimità e la prossimità si muta in cura, in liturgia di soccorso premuroso che non si limita all'immediato ma si fa lungimiranza. Il samaritano non solo tampona e fascia le ferite, ma si prende cura della vita di quello sconosciuto portandolo in un albergo, curandolo fino all'indomani quando, prima di riprendere il suo viaggio, lo affida all'albergatore pagando per lui il necessario e coinvolgendo nella sua speciale pastorale anche quest'ultimo che viene incaricato di protrarne le cure. L'amore è un fuoco che appicca il cuore di chi lo sceglie come stile e che contagia anche chi gli sta intorno. È l'amore che rende prossimi. Eredi della vita di Dio si diventa pertanto non selezionando chi amare, ma lasciando che il cuore si dilati fino a "sentire" l'altro e a "sentire" con l'altro.

Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista