Omelia (13-07-2025) |
don Michele Cerutti |
Io chi sono? Leggendo e rileggendo questo brano ormai molto conosciuto possiamo trovare aspetti sempre nuovi che ci aiutano ad addentrarci in questi versetti offerti alla nostra meditazione questa domenica. Possiamo essere prima di tutto noi quel dottore della Legge che cerca la verità. Noi che frequentiamo la Messa, cerchiamo di vivere gli insegnamenti cristiani possiamo essere coloro che vivono un momento di smarrimento e ci avviciniamo a Gesù per porre una domanda forte: Cosa debbo fare per ereditare la vita eterna? Questa domanda affiora spesso nella nostra mente e nel nostro cuore. Davanti alla promessa di una vita futura in mezzo alle difficoltà della nostra esistenza l'uomo non può che porsi la domanda di sempre, ma cosa debbo fare? Non possiamo che comprendere che l'unica ricetta è uno stile di vita: Amare Dio e quindi credere in Gesù e in colui che lo ha mandato e amare il prossimo comprendendo che questo diventa autentico se prima di tutto questo amore coinvolge la nostra persona. Non una sorta di narcisismo, ma in un'ottica giusta che ti colloca nella tua posizione e non ti fa credere un supereroe, ma ti fa comprendere i doni che Dio ti ha dato e che devi mettere a disposizione e non sotterrare. La vita cristiana non è altro che un modo di rispondere a questo interrogativo di fondo: Cosa fare per ereditare la vita eterna? Tuttavia, possiamo essere anche noi come Gesù quando aiutiamo il fratello e la sorella a comprendere quello che viene richiesto in un dato momento per non disperdersi in mezzo ai dubbi e alle perplessità. Possiamo essere anche come quei tali che davanti al malcapitato volgono lo sguardo e fuggono via. Guai a noi se rischiamo di vivere come il sacerdote e il levita che vogliono giustificarsi con la Legge o con scuse banali per assolvere la comodità della propria indifferenza. Oggi il rischio è molto alto le immagini crude della televisione è come se avessero buttato l'anestetico dell'indifferenza come se il male fosse inevitabile e non si possa recuperare e allora si può passare oltre. Di fronte al dramma di Gaza o dell'Ucraina con la rincorsa agli armamenti rischiamo molte volte di essere spettatori soffocati nel silenzio e nell'incapacità di esprimere la nostra indignazione. Questo poi a livello macro si trasferisce nella nostra quotidianità dove il male che ci circonda sembra diventare la norma. Possiamo essere anche noi come i briganti quando usurpiamo la libertà e la coscienza altrui. Caspita se questo è un rischio alto che possiamo correre anche noi e da cui dobbiamo guardarci molto bene. Interpelliamoci ed esaminiamoci. Possiamo essere i feriti della storia che necessitiamo delle cure e delle attenzioni. Dobbiamo avere l'umiltà di farci aiutare e di chiederlo questo aiuto. Lasciarci toccare e caricare sui cavalli che ci portano alla guarigione. Possiamo essere anche il samaritano quando camminiamo vicino ai feriti della vita non li giudichiamo e li aiutiamo. Se riusciamo a entrare e a penetrare in profondità questo brano allora possiamo essere in grado di comprendere il mondo che ci sta intorno. Mi piace concludere con una citazione di Adriano Sofri, mentre in carcere riflette su questa pagina in un testo molto bello da lui scritto su questa parabola. Ognuno poi potrà declinare queste riflessioni nella propria vita. "Il mio prossimo là è quello della branda di sopra o di sotto, che vuole fumare o non vuole che io fumi, che russa o mi sente russare, che ha l'epatite C o sospetta che l'abbia io, che va di corpo in un angolo separato da un lenzuolo sbrindellato da me e da altri due o tre o quattro, che vuole vedere la televisione o non vuole che io la veda. Molte guerre di cella, anche cruente, nascono dalla gara per il dominio del telecomando. Chi è il mio prossimo: fra i miei compagni di cella, di passeggio, tra i miei carcerieri, tra gli infermieri che passano alla mattina e alla sera e sono tenuti a controllare che io ingurgiti lì per lì i loro farmaci, perché non li metta da parte per il momento in cui ne avrò più bisogno, o per barattarli con un paio di sigarette o una merendina d'ordinanza." |