Omelia (17-07-2025) |
Missionari della Via |
Affidare a Dio la nostra oppressione e stanchezza è il rimedio necessario a comprendere che la vita va attraversata, che non possiamo sfuggire dai problemi, dalla realtà. Ciò non vuol dire che dobbiamo vivere ripiegati sui nostri dolori, ma al contrario il Signore ci chiede di cercare ristoro alle nostre sofferenze nel modo giusto. Questo Vangelo non ci dice affatto che Dio gode del vedere che porti la croce, tanto meno che ti confeziona appositamente dei dolori per vederti oppresso. Vuole dirci di prendere il suo giogo! Questo attrezzo (giogo) era un utensile che si metteva sui buoi per distribuire il peso e permettere loro di lavorare più agevolmente. È come se Gesù ti dicesse, fammi spazio, porta il mio giogo, condividi il peso dei tuoi dolori con me. Che bello! Nell'abbondono confidente nelle sue mani possiamo vivere ogni cosa con prospettive diverse, non ripiegati nella materialità, assorbiti dal dolore. San Giovanni della Croce diceva: «Chi saprà morire a tutto, avrà vita in tutto» (s. Giovanni della Croce). Si, bisogna non aver paura di entrare nelle nostre morti interiori, attraversare persino l'oscurità e le sofferenze, quando a noi si affianca il Signore. Quale uomo può dire di aver vissuto senza nessuna sofferenza, di nessun tipo? Gesù ti dice, trasforma tutto nel mio giogo, condividi con me. Le croci solitarie del peccato ci rendono vittime sofferenti, sole e senza redenzione. Il suo gioco invece è dolce e leggero, un abbracciare la vita con Cristo, anche nelle difficoltà. Il grande mistico, Giovanni della Croce, non fece della sua vita una poesia, anzi visse profondamente un morire continuo; non solo fu incompreso e perseguitato, ma anche imprigionato. Decise di vivere questo dolore unito a Cristo e con la sua grazia portò quella croce, un giogo distribuito fra lui e Cristo. Gesù non ci sta dicendo di banalizzare il dolore, ma bisogna leggere le Sue parole con un senso più profondo, reale. Sant'Agostino ce lo spiega così: «Devi considerare che questo carico è per te come per gli uccelli è il peso delle ali; se gli uccelli avranno il peso delle ali, si alzeranno a volo, ma se saranno loro tolte le ali, rimarranno a terra. In realtà che c'è di pesante per chi ama? Si sopportano tante fatiche [per le cose che ci piacciono], ma difficilmente si soffre per giungere a Dio!» (Discorso 68). Il santo ci fa rifletterete, dichiarando che tutto ciò che viviamo con amore, si può trasformare. Gesù ci testimonia che quei dolori che irrimediabilmente ci portiamo dietro, quella lotta ai vizi che ci fa sentire disperati, possono essere trasformati nelle nostre ali, e diventare anche leggeri se portati con Lui, se trasformati dalla Sua presenza, dalla presenza dell'amore. I santi spesso sono raffigurati come coloro che abbracciano la croce, ma non sono adoratori di un pezzo di legno, ma di una Presenza. Ciò non vuol dire che non saranno pesanti i nostri problemi o che le sofferenze ci renderanno degli alienati, ma che il peso non sarà solo nostro. Amare comporta fatica, e per qualsiasi cosa amiamo realmente siamo lieti di sacrificarci, cioè noi sopportiamo con gioia la fatica quando amiamo. Gesù ci invita a fare della nostra vita un dono d'amore, un portare i pesi con Lui, affinché le croci non diventino radicamento nell'oppressione e nell'angoscia, ma ali per raggiungerlo. In Cristo possiamo sperimentare che anche una croce può avere la leggerezza dell'eternità. |