Omelia (06-07-2025) |
Missionari della Via |
Il brano del Vangelo odierno ci consegna le disposizioni che Gesù dà ai discepoli inviandoli in missione (Lc 10,1-12) e le parole che rivolge loro una volta ritornati dalla missione stessa (Lc 10,17-20). Questo testo si aggiunge e arricchisce il primo mandato missionario (Lc 9,16), ovvero quello rivolto ai Dodici. La prima indicazione verte sulla preghiera: «Pregate il padrone della Messe perché mandi operai nella sua messe». Gesù ci ricorda che conversioni e vocazioni, così come l'efficacia nella pastorale, sono anzitutto un frutto della grazia, un dono di Dio, e come tale va chiesto. Quindi l'attenzione di Gesù non si focalizza tanto sulle parole da dire ma sulla testimonianza da dare. Gesù li invia distaccandoli da sé («Andate») ma li unisce a sé chiedendo loro di incarnare il suo medesimo stile. Povertà, minorità, fraternità, affidamento alla Provvidenza sono caratteristiche opposte alla logica del mondo ma proprie della missione evangelica dei figli di Dio. Gesù manda i suoi poveri e inermi come agnelli, chiedendo loro di rinunciare a modalità tipiche "dei lupi": prepotenza, autoritarismo, compromessi e doppiezze varie. È proprio quando il discepolo è agnello che permette al Buon Pastore di prendersene cura e difenderlo. Gesù li manda a due a due, perché si aiutino e vincano in loro stessi l'egoismo, mostrando i segni della fraternità della carità, primo "profumo" di Dio. E li manda senza nulla e senza borsa, perché vincano la tentazione dell'attaccamento ai soldi, del ridurre la missione a guadagno personale, mostrando che il tutto è Dio e che in Lui è veramente riposta la loro fiducia. Chiede di non salutare nessuno lungo la strada, nel senso di non disperdersi in chiacchiere e relazioni futili che ne rallenterebbero la missione. Gesù invia non solo a proclamare la pace ma a essere operatori di pace, sempre, comunque, proponendo la sua pace in qualunque luogo essi entrino, lasciando sempre la libertà di accogliere o rifiutare. Perché l'evangelizzazione non si diffonde per proselitismo o convincimento ma per attrazione. Li invita a non andare di casa in casa ma a sapersi accontentare, ricordando che la missione non è ricerca di agi, prestigio e apparenza ma servizio e cura di coloro che si incontrano. Perciò le istruzioni si concludono proprio con la compassione, la tenerezza a la cura da esercitare nei confronti dei sofferenti, annunciando loro la vicinanza del Regno di Dio, del Signore e del suo amore che salva. Saranno proprio le parole e le opere dei discepoli a mostrarlo, in qualche modo, perché tanti, attraverso di noi, attraverso la Chiesa che è "prolunga" di Cristo nella storia, possano essere salvati. Perché questi lineamenti possano imprimersi e manifestarsi attraverso di noi, chiediamo l'aiuto del Signore e del suo santo Spirito. Essi, infatti, come ha fatto opportunamente notare Manicardi: «Inviandoli in missione è come se li inviasse a una lotta contro se stessi, contro la parte peggiore di sé, che forse sarà più tentata di mostrarsi una volta che ci sia distanza dal loro maestro. E non a caso, quando i discepoli tornano, pieni di gioia per il successo della missione, non ne parlano nei termini di conversione, di evangelizzazione, di adesione di tanti alla fede, ma di esorcismo. "Anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome" (10,17). Che non significa solo che hanno saputo liberare persone che erano sotto il potere del maligno, ma anzitutto che hanno saputo vincere il maligno in se stessi, su se stessi, hanno saputo vincere le tentazioni da cui Gesù li ha messi in guardia. Tanto che Gesù dice loro: "Vi ho dato potere di calpestare le potenze del male: niente vi nuocerà" (cf. 10,19). Niente potrà farvi del male». PREGHIERA Signore, ti prego di donarmi luce per discernere, coraggio per parlare, forza per amare. Aiutami a essere nel mio quotidiano un testimone fedele del tuo amore, un ambasciatore della tua pace e un portatore di speranza. |