Omelia (29-06-2025) |
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Commento su At 12,1-11; Sal 33; 2Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19 Oggi la Chiesa celebra, in un'unica festa, due grandi santi Pietro e Paolo, due colonne che hanno contribuito alla crescita delle prime comunità cristiane. Due discepoli così diversi, che in vita non si sono fatti mancare accese discussioni, ma che alla fine hanno dato la loro vita per Cristo. Pietro, pescatore rozzo e burbero, è stato chiamato da Gesù a diventare custode della fede e garante del suo annuncio. Paolo, invece, proviene dal mondo culturale giudaico in cui crede pienamente, divorato dalla passione sino a diventare un persecutore dei cristiani, ma Gesù stesso lo chiama, anche in modo molto particolare, per farlo diventare strumento di evangelizzazione presso i pagani e portatore della fede in Cristo fuori dai confini di Israele. La prima lettura è il racconto della prima persecuzione dei discepoli di Gesù da parte del re Erode, la morte di Giacomo e la prigionia di Pietro. Subito la comunità si unisce in preghiera e in quella stessa notte un angelo interviene per non lasciarla senza guida e miracolosamente lo libera. Possiamo qui citare il versetto del Salmo 33 di oggi "Il Signore mi ha liberato da ogni paura. Benedirò il Signore in ogni tempo". Nella seconda lettura Paolo scrive al suo discepolo Timoteo una lettera di commiato perché vede approssimarsi la sua fine e fa un bilancio della sua vita. Interessante il fatto che Paolo paragoni il percorso della sua vita ad una corsa, al termine della quale si compiace di non avere perso la fede, malgrado tutto quello che ha vissuto ed è in attesa della corona con la quale si cinge il vincitore. Ci ricorda anche che tutto ciò è stato possibile grazie al Signore che gli è stato vicino e gli ha dato forza. Paolo però auspica che la corona sia consegnata non solo a lui, ma a tutti coloro che hanno atteso con amore la manifestazione di Cristo. Nel vangelo Gesù pone una domanda ai suoi discepoli, che sotto sotto rivolge anche a noi oggi: " Ma voi chi dite che io sia?". È questa una domanda che dovremmo porci con più frequenza per capire a che punto è la nostra fede! Pietro risponde prontamente, ma Gesù lo mette in guardia: " Non la carne o il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli ". La fede non è frutto di un cammino razionale, ma è un dono che viene dal Padre! Pietro allora diventa "pietra" sulla quale Gesù costruisce la sua Chiesa, una comunità fatta di uomini, non migliori degli altri, fragili come tutti, che Gesù stesso, con la sua morte e resurrezione, ha reso forti. A Pietro, che l'ha tradito, che ha sperimentato nel pianto il pentimento e che ha ricevuto la il perdono del suo peccato, Gesù affida le chiavi del regno: chi più di lui può capire il peso del peccato e la gioia del perdono? Il dono della riconciliazione che non è un potere da esercitare sugli altri, ma la responsabilità d'essere vicini a chi fatica nel cammino verso il regno di Dio. Chiediamo allora a questi due santi speciali, di farci il dono della fede e dell'amore incondizionato verso il Signore. La loro diversità che però sfocia nell'unità in Cristo, ci sia strumento per capire che nella vita di tutti i giorni, specialmente in quella familiare, le diversità sono ricchezza e che, se utilizzate in modo positivo, non possono che portare alla crescita: anche i testoni (Pietro) hanno qualche cosa da dirci!
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