Omelia (23-06-2025) |
Missionari della Via |
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi». Questi versetti ci ricordano un ambito importante su cui lavorare: quello dei giudizi reciproci. L'apostolo Paolo scriveva ai Romani: «Perché giudichi il tuo fratello?» (Rm 14, 10.13). Il discorso sui giudizi è complesso e non si può lasciare a metà. Come si fa infatti a vivere senza giudicare del tutto? Un genitore, un superiore, un confessore, un giudice, insomma, chiunque ha una qualche responsabilità su altri deve giudicare. Perciò, non è tanto il giudizio (inteso come capacità di valutare, di discernere) che si deve togliere dal nostro cuore, quanto quello spirito di condanna che, insieme al peccato, giudica e condanna pure la persona, la etichetta una volta e per sempre, pensando che magari non cambi mai. Spesso la rabbia davanti a certi peccati orrendi, davanti a certe ingiustizie subite ci acceca a tal punto da desiderare il male per quella persona, dimenticando che il Signore odia sì il peccato ma ama il peccatore! Gesù ha versato il suo sangue per ogni persona, anche per quella che ha commesso il peccato più orrendo. Certo, non è detto che ogni persona accetti questo amore gratuito di nostro Signore, ma è certo che Egli nel suo grande amore ha versato il suo sangue per ciascuno di noi, nessuno escluso! Guardando dunque la misericordia di Dio, impariamo a giudicare le azioni e non le persone, perché «noi possiamo giudicare che un atto è in se una colpa grave, dobbiamo però lasciare il giudizio sulle persone alla giustizia e alla misericordia di Dio» (CCC 1861). Giudichiamo dunque con giusto giudizio ogni cosa e il tutto sempre alla luce del Vangelo e non secondo i nostri pensieri; e sempre per costruire, mai per condannare, come fa l'uomo spirituale che giudica ogni cosa secondo la legge dell'amore. Sì, preghiamo affinché il nostro giudizio sia sempre mosso dall'amore e dalla compassione per il fratello che sbaglia e mai dalla vendetta o dal rancore! «I medici come amano i malati? Amano le persone perché ammalate? Essi amano i malati affinché diventino sani [...] così colpiscono la febbre, ma non le persone. Il medico odia la malattia ed ama la persona» (sant' Agostino). «Nostro Signore ci esorta a non rimanere indifferenti ai peccati che possiamo commettere gli uni contro gli altri, badando a quel che si deve correggere. Egli infatti afferma che uno ha lo sguardo acuto, per togliere la pagliuzza dell'occhio d'un suo fratello, se non ha una trave nel proprio occhio. Ma che cosa vuol dire questo? La pagliuzza nell'occhio è la collera; la trave nell'occhio è l'odio. Ebbene, quando uno che ha l'odio rimprovera un altro ch'è in collera, vuol togliere la pagliuzza dall'occhio d'un suo fratello ma n'è impedito dalla trave che porta nel proprio occhio. La pagliuzza è l'inizio d'una trave, poiché quando la trave nasce è una pagliuzza. Innaffiando la pagliuzza la si fa arrivare ad essere una trave; alimentando l'ira con i cattivi sospetti, la si fa diventare odio. È dunque chiaro che una pagliuzza turba, una trave uccide» (sant' Agostino, vescovo). |