Omelia (15-06-2025)
Agenzia SIR
Nel cuore della Trinità

Nella solennità della Santissima Trinità sostiamo ancora una volta nel Cenacolo, dove a gesti significativi che spingono alla mimesi si aggiungono parole che incidono la storia e dilatano ogni argine, parole che sprigionano le fragranze di quella comunione cui il cuore di ogni uomo e di ogni donna della terra anela ardentemente.

Gesù ha tanto da dire ai suoi discepoli, un deposito inesauribile che ha un peso notevole e di cui egli dà un assaggio nel suo lungo Discorso d'addio. La sua Parola non è alito, ma lievito che fa fermentare la massa fino a diventare nutrimento di chi accetta di darle ospitalità nella propria esistenza. Si tratta di una Parola che non s'impone, che non schiaccia, ma che invoca una conoscenza che può realizzarsi solo gradualmente, e non come accumulo di dati, informazioni e precetti, ma come cammino progressivo verso una comunione d'amore con il Maestro. Questa comunione può compiersi solo a partire dall'"ora", l'evento della Croce che riempie il tempo della storia, l'"ora" impregnata del profumo di una vita donata, battezzata nella morte e ripresa non in modo egoistico ma nell'esperienza eminentemente agapica della Risurrezione.

Chi può aiutare i discepoli a cogliere il surplus della Parola di Gesù alla luce della potenza della sua risurrezione è solo l'altro Paraclito, "lo Spirito della verità", che viene per smascherare la menzogna e indicare la strada attraversando la quale si giunge ad abbracciare tutta la verità pronunciata da Gesù, cioè tutta la verità che è Gesù. Lo Spirito può fare questo perché dice tutto ciò che ha udito da Gesù, manifesta cioè la sua piena comunione con Gesù, la sua intima unità con il Figlio che, a sua volta, manifesta la sua comunione profonda con il Padre. Lo Spirito è l'annunciatore ufficiale ed eminente di Gesù (il verbo ananghéllo appare tre volte nel testo), colui che trasfonde la vita di Gesù nei discepoli.

Anche se Gesù sta per lasciare il mondo, la sua Parola non scomparirà, sarà ripresa e fatta risuonare dallo Spirito nel cuore dei discepoli. Solo l'amore permette di sperimentare interiormente la presenza dell'amato e illumina progressivamente il senso profondo delle sue parole. Questo amore è lo Spirito che lavora le profondità dell'animo umano. Questo Spirito permette di cogliere il filo rosso della storia della salvezza collegando passato, presente e futuro, e insegna la fedeltà come armonizzazione tra l'inevitabile approfondimento e la necessaria attualizzazione delle parole di Gesù. Solo Lui insegna a leggere "le cose future", insegna cioè a comprendere il presente alla luce del suo compimento, del suo orizzonte escatologico, della vittoria di quell'amore che solo sa andare fino alla fine. Lo Spirito insegna dunque a leggere la storia non alla luce dell'apparente trionfo del male, ma con occhi nuovi che vedono, oltre la coltre delle fragilità umane, l'acqua cristallina di Dio che scorre in profondità, e sanno leggere il presente a partire dalla meta: quel futuro pieno di speranza che Dio ha preparato per noi (cf. Ger 29,11).

Lo Spirito infine glorifica il Figlio perché introduce i discepoli nel suo mistero, lo spalanca e invita non solo a sondarlo ma a prendervi dimora, ad abitare il cuore di questo mistero: il rapporto intimo del Figlio con il Padre, la loro mutua inabitazione. Gesù permette così ai discepoli di comprendere che anche se agli occhi del mondo tra breve sembrerà che egli sia solo, in realtà questo è falso, a motivo della forte comunione tra lui, lo Spirito e il Padre, a motivo del loro essere Trinità. Gesù non è solo, ma è colui che è intimo al Padre e allo Spirito. Ciò che è del Padre è anche del Figlio: mistero di una comunione eterna che dal cuore della Trinità santissima si riversa per mezzo dello Spirito nel cuore dei discepoli di tutti i tempi, mistero in forza del quale tutti possono diventare figli nel Figlio.


Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista