Omelia (08-06-2025) |
don Lucio D'Abbraccio |
Pentecoste: il «vento» che spazza via la paura, il «fuoco» che insegna la lingua dell'Amore! Oggi è un giorno di grande gioia per tutti noi, un giorno di festa solenne: celebriamo la Pentecoste. Se il Natale è il compleanno di Gesù e la Pasqua è la festa della sua vittoria sulla morte, la Pentecoste è il compleanno della Chiesa, la nostra grande famiglia. È il giorno in cui Gesù mantiene una promessa importantissima, una promessa che fa anche a ciascuno di noi qui, oggi. Immaginiamo la scena che ci racconta la prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli. Gli Apostoli, dopo l'Ascensione di Gesù al Cielo, sono chiusi in una stanza, il Cenacolo. Sono un po' come noi quando abbiamo paura: chiusi nelle nostre case, chiusi nei nostri pensieri, magari un po' tristi e scoraggiati. Hanno paura di tutto e di tutti. E cosa succede? All'improvviso, si sente un rumore, come un «vento che si abbatte impetuoso». Pensiamo al vento. Noi non lo vediamo, ma sentiamo e vediamo la sua forza. Spazza via le foglie secche, apre le finestre chiuse, porta aria nuova e pulita. Ecco, lo Spirito Santo è così: è una forza invisibile ma potentissima che entra nella nostra vita per spazzare via le paure, le tristezze, le abitudini che ci tengono bloccati. Quante volte ci sentiamo «fermi», bloccati nella routine? Quante volte diciamo «non ce la faccio», «è troppo difficile cambiare»? Lo Spirito Santo è quel vento che ci dà una spinta, che ci scuote e ci dice: «Coraggio, apriti! C'è un mondo che ti aspetta!». E poi, dopo il vento, appaiono delle «lingue come di fuoco» che si posano su ciascuno di loro. Pensiamo al fuoco. Il fuoco fa luce, riscalda e trasforma. Una piccola fiamma può illuminare una stanza buia. Il fuoco di una stufa riscalda tutta la casa in inverno. Un pezzo di ferro messo sul fuoco diventa incandescente e si lascia modellare. Lo Spirito Santo è questo fuoco. È la luce che ci fa capire le parole di Gesù e il senso della nostra vita, anche quando tutto sembra buio e senza significato. È il calore dell'amore di Dio che scioglie il gelo del nostro cuore, la nostra indifferenza, i nostri egoismi. Quante volte abbiamo il cuore freddo verso un familiare con cui abbiamo litigato, o verso un vicino che non salutiamo? Lo Spirito è quel calore che ci spinge a fare il primo passo, a regalare un sorriso, a dire «scusa». È il fuoco che ci trasforma, che ci rende più «morbidi», più capaci di amare e di perdonare. E con questo fuoco nel cuore, gli Apostoli, che prima erano muti per la paura, escono e iniziano a parlare. E qui accade il miracolo: gente venuta da tutto il mondo, Parti, Medi, Elamiti... persone che parlavano lingue diversissime, capiscono perfettamente le parole degli Apostoli. Ognuno li sente parlare nella propria lingua nativa. Questo ci ricorda un'altra storia della Bibbia, quella della Torre di Babele. A Babele, gli uomini, pieni di orgoglio, volevano costruire una torre per arrivare fino a Dio con le loro forze. Volevano essere come Dio. E il risultato qual è stato? La confusione. Non si capivano più, ognuno parlava la sua lingua e il grande progetto è fallito. L'orgoglio divide, crea incomprensione e solitudine. La Pentecoste è l'esatto contrario di Babele. Lo Spirito Santo non porta una lingua unica e grigia, ma crea l'armonia nelle diversità. Il linguaggio che tutti capiscono non è l'aramaico o il greco, ma è il linguaggio dell'amore. Anche oggi, nel nostro mondo, c'è tanta «Babele». Litighiamo in famiglia, sul lavoro, tra vicini, e spesso non ci capiamo più, anche se parliamo la stessa lingua. Perché? Perché parliamo il linguaggio dell'orgoglio, del «io ho ragione e tu hai torto». Lo Spirito Santo, invece, ci insegna un'altra lingua. È la lingua di una mamma che capisce il pianto del suo bambino senza bisogno di parole. È la lingua di un gesto di gentilezza verso uno sconosciuto. È la lingua della pazienza di un nonno che ascolta per la centesima volta la stessa storia del suo nipotino. È la lingua del perdono. Questo è il linguaggio universale dell'amore che lo Spirito riversa nei nostri cuori e che tutti, ma proprio tutti, possono capire. E questo ci porta dritti al Vangelo di oggi. Gesù dice: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito». Cosa vuol dire «osservare i suoi comandamenti»? Non significa seguire una lista infinita di regole difficili. Il comandamento di Gesù è uno solo, e riassume tutti gli altri: «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (cf Gv 15,12). Amare Gesù significa provare a vivere ogni giorno con un po' del suo amore. Significa fare la spesa per la vicina anziana che non può uscire. Significa avere pazienza con il collega che ci infastidisce. Significa rinunciare a un pettegolezzo cattivo. Sono piccole cose, ma sono il nostro modo concreto di dire a Gesù: «Ti voglio bene». E quando proviamo a fare questo, non siamo soli. Gesù ci dona il «Paràclito». È una parola un po' difficile, ma significa una cosa bellissima. Il Paràclito è l'avvocato difensore, il consolatore, quello che sta al nostro fianco. Immaginate di essere accusati ingiustamente. L'avvocato è lì con voi, vi difende, vi suggerisce le parole giuste, vi dà forza. Lo Spirito Santo è così. Quando ci sentiamo deboli, quando pensiamo di non essere capaci di amare o di perdonare, quando il mondo ci accusa e ci fa sentire sbagliati, Lui è lì. È quella vocina interiore che ci incoraggia, che ci consola, che ci difende dalle nostre stesse accuse e ci ricorda la verità più importante: siamo figli amati da Dio. Lui «ci insegnerà ogni cosa e ci ricorderà tutto ciò che Gesù ha detto». È la memoria del nostro cuore. Facciamo un esempio ancora più moderno: lo Spirito Santo è come il navigatore della nostra vita, il GPS per la nostra anima. Quando impostiamo una destinazione, il navigatore ci indica la strada migliore. Così fa lo Spirito: la nostra destinazione è il Cielo, la casa del Padre, e Lui ci suggerisce la via, che è sempre la via dell'amore. E cosa succede quando sbagliamo strada? Quando prendiamo una svolta sbagliata per distrazione o debolezza? Il navigatore non ci sgrida, non ci dice: «Sei un disastro!». Semplicemente, con calma, ricalcola il percorso e ci propone una via per tornare sulla strada giusta. Ecco, lo Spirito Santo fa lo stesso con noi. Quando pecchiamo, Lui non ci abbandona. Con pazienza, ci suggerisce la via del ritorno, la strada del perdono, per «ricalcolare» il nostro percorso e riavvicinarci a Dio. C'è solo una condizione: dobbiamo accenderlo e ascoltare la sua voce. Concludiamo volgendo lo sguardo a chi, in quella stanza, ha accolto lo Spirito Santo in un modo unico e perfetto: Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra. Lei era lì, nel Cenacolo, a pregare con gli Apostoli. Il terzo mistero glorioso del Rosario ci invita a contemplare proprio questa scena. Se gli Apostoli erano spaventati, Maria era il cuore calmo e fiducioso che teneva unita quella prima, piccola Chiesa. Lei, che aveva già accolto lo Spirito Santo nel giorno dell'Annunciazione per diventare la Madre di Dio, ora lo accoglie di nuovo insieme ai discepoli per diventare la Madre della Chiesa nascente. Maria ci insegna come si riceve lo Spirito Santo: con un cuore umile, aperto, in preghiera. Ci insegna a non avere paura del «vento» di Dio che scompiglia i nostri piani e del suo «fuoco» che brucia le nostre sicurezze. Chiediamo a lei, Sposa dello Spirito Santo, di pregare per noi. Che possa scendere anche oggi, su di noi, sulla nostra parrocchia, sulle nostre famiglie, lo Spirito Consolatore. Che ci dia il coraggio di uscire dalle nostre paure, la capacità di parlare a tutti il linguaggio universale dell'amore e la gioia di testimoniare, con la nostra semplice vita di ogni giorno, che Cristo è vivo ed è in mezzo a noi. Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Amen! |