Omelia (08-06-2025) |
don Andrea Varliero |
Sette porte aperte Domenica di Pentecoste, domenica di vento e di porte aperte. Nell'anno del Giubileo, oggi è lo Spirito che apre a noi sette porte. Sette, come i suoi doni. La prima porta che lo Spirito apre è quella stessa di Dio. Non è rimasto un Dio inaccessibile, chiuso nella sua solitudine, non è rimasto sigillato nella sua perfezione: si è lasciato ferire, lo Spirito ha aperto la porta del cuore di Dio. «Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra», abbiamo pregato nel salmo. Sì, ogni atomo, ogni cellula, l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande sono abitati dalla vita. La domanda del perché ci sia vita in questo universo, questa contraddizione alla quiete delle leggi della fisica, trova risposta nello Spirito. La seconda porta che lo Spirito apre è quella del linguaggio. A Babele gli uomini cercavano un'unica lingua, un'unica torre, un'unica sicurezza; hanno bramato uniformità, omologazione, indifferenza, ma si sono dispersi in questo mettere a tacere tutte le lingue del mondo. A Gerusalemme lo Spirito opera in direzione esattamente opposta: rende comprensibile tutte le lingue, tutti i linguaggi. Contro la monotonia, lo Spirito amplifica la polifonia. Rende comprensibile nella propria lingua le grandi opere di Dio: le lingue sono amplificate, e per questo sono comprese. Siamo così monotoni nelle nostre guerre, siamo così grigi nelle nostre umanità, siamo così noiosi nelle nostre vite, che oggi lo Spirito apre ad una novità di linguaggio. Una parlata nuova. La terza porta che lo Spirito apre è quella del Cenacolo. Non ha voluto una casa sprangata, né asserragliata in sé stessa, ma ha desiderato un porto di mare, dove ognuno possa approdare. Una casa da cui uscire dalle proprie paure e dalle proprie granitiche certezze, per correre il rischio di uscire a incontrare l'altro, là dove egli si trova. Nella sua lingua, nella sua povertà, nella sua terra straniera, nella sua domanda di senso. Don Tonino Bello lo indicava come «il complesso dell'ostrica. Siamo troppo attaccati allo scoglio. Alle nostre sicurezze. Alle lusinghe gratificanti del passato. Ci piace la tana. Ci attira l'intimità del nido. Ci terrorizza l'idea di rompere gli ormeggi, di spiegare le vele, di avventurarci sul mare aperto. Lo Spirito Santo, invece, ci chiama alla novità, ci invita al cambio, ci stimola a ricrearci». La quarta porta che lo Spirito apre è quella della Pasqua, di Gesù Cristo Risorto. Oggi non riponiamo il cero pasquale in sagrestia, né il fonte battesimale nello sgabuzzino, né i giardini fioriti nelle scatole della memoria. Oggi apriamo la Pasqua allo Spirito. Oggi anche io sono risorto, grazie allo Spirito. Non un sopravvissuto, ma un risorto insieme a Lui Risorto. È Lui, il Risorto, a rialzarmi, è Lui a sussurrare nel silenzio della coscienza, è Lui a gettare via tutto ciò che mi impedisce di camminare, è Lui che mi contraddice, è Lui ad attendermi ad ogni occasione di incontro. È più vivo Lui, di quanto lo sia io stesso: lo Spirito del Risorto abita in me. La quinta porta che lo Spirito apre è quella del nostro respiro. Il nostro respirare è il nostro stare al mondo, così scontato eppure sempre da reimparare. Il respiro è la nostra preghiera, ed è Lui che prega in noi, che grida da dentro «Padre!». I nostri respiri affannati, i nostri respiri corti, le nostre apnee: oggi possiamo accordarli al suo respiro. Ne troveremo grazia e pace, troveremo la bellezza della preghiera e della vita piena, respirata a pieni polmoni. La sesta porta che lo Spirito apre sono i nostri sensi, le nostre intelligenze, la nostra creatività. Le nostre intuizioni, i nostri innamoramenti, i nostri desideri e i nostri slanci. Niente è mortificato, niente è sacrificato, niente è condannato, ma tutto è vivificato e intensificato dallo Spirito. La settima porta che lo Spirito apre è quella della Speranza. Una porta straordinaria, una porta difficile, eppure necessaria. Una porta che ci fa compiere il primo passo, ci fa coniugare un verbo al futuro; una porta che ci dice che domani sarà migliore, che c'è tutto un traffico di bene ancora tutto da compiere, che c'è un perdono accordato e un sorriso possibile. Il patriarca Atenagora pregava così: «Senza lo Spirito Santo Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa è una semplice organizzazione, l'autorità è una dominazione, la missione una propaganda, il culto una evocazione, e l'agire dell'essere umano una morale da schiavi. Ma nello Spirito Santo il cosmo è sollevato e geme nella gestazione del Regno, Cristo risorto è presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l'autorità è un servizio liberatore, la missione è una Pentecoste, la liturgia è memoriale e anticipazione, l'agire umano è divinizzato». È lo Spirito, l'apriporta. |