Omelia (08-06-2025) |
Agenzia SIR |
La venuta del Paraclito Nella solennità di Pentecoste la Liturgia della Parola ci fa continuare a sondare le profondità delle ultime parole pronunciate da Gesù. Il Cenacolo, luogo dell'acqua del servizio e del pane del nutrimento interiore, spazio riempito della presenza amante del Figlio, si prepara ad accogliere il fuoco, la presenza del Paraclito, il dono del Padre al mondo scaturito dal costato aperto di Cristo. Così nell'avviarsi verso il compimento della sua esistenza terrena, Gesù consegna ai suoi discepoli le perle di un tesoro che i ladri non possono portare via e la ruggine non può corrodere. Le sue sono parole simili ad un testamento, raccomandazioni che solo un cuore che ama sa rivolgere, indicazioni che invitano ad andare oltre l'apparente dilagare del male e orientano il cuore alla speranza. Ai discepoli Gesù non ha voluto consegnare solo un potere, quello di compiere segni nel suo nome per risollevare l'uomo, ma ha desiderato trasmettere un calore capace di non spegnere il primo amore anzi di continuare a farlo ardere con maggiore intensità, e una forza capace di resistere al male, anzi di vincerlo con il bene, con la dinamite del perdono. "Se mi amate..." è la proposta di Gesù: non un comando ma l'invito affascinante a corrispondere al suo amore gratuito. La fede, la sequela, il discepolato non sono impegni o progetti da eseguire con ansia imprenditoriale, ma espressione di un amore umile e nascosto da mettere in circolo, manifestazione di un cuore che sa smettere di essere pietra e sceglie di essere carne. Solo se si ama si custodisce, si interiorizza, si fa accedere l'altro al cuore del proprio cuore. Solo amando il Maestro, si dà spazio alle sue parole, le si assorbono ed esse diventano carne. L'amore infatti è la via comune dell'umanarsi di Dio e del divinizzarsi dell'uomo. E mentre i discepoli sono invitati a dare ospitalità ai suoi comandamenti, il Maestro, vero Figlio del Padre fino alla fine, implora dal Padre la forza divina che è la scaturigine dell'amore: lo Spirito santo, che egli qualifica come "un altro paraclito", colui cioè che, come Gesù bel pastore, sa mettersi affianco all'uomo, sa prenderne le difese, sa essere tutto per lui, a suo vantaggio, per la promozione dei suoi doni, per la fioritura della sua vocazione. E se Dio è per lui, chi mai potrebbe essere contro di lui? (cf. Rm 8,31). Il Paraclito non è invocato per un momento puntuale dell'esistenza umana ma "perché rimanga per sempre". Questo Paraclito, che la Chiesa da sempre ha chiamato "ospite dolcissimo", viene inviato dal Padre perché i discepoli imparino a dargli libero accesso al loro cuore così che Dio stesso che è Trinità di Amore, pienezza di comunione, possa prendervi dimora. Gesù rivela così la gioia del Padre di fare dell'uomo la sua casa. Dare ospitalità a Dio nella propria vita e nella propria interiorità è esperienza che sprigiona amore, che lo immette nella storia e l'amore quando è messo in circolo ci salva dall'essere individui e ci fa essere persone, creature capaci di comunione, capaci di dare ospitalità alla vita dell'altro. "Se uno mi ama..." è la rinnovata proposta di Gesù per vincere la solitudine profonda e destabilizzante che spesso graffia il cuore e turba i rapporti. L'amore non è un fare ma uno stile da scegliere, una decisione da prendere per uscire dalla tomba dell'egoismo. L'amore è il senso dell'intero viaggio della vita, viaggio che può essere gioia e festa grazie alla presenza invocata e accolta dello Spirito di Dio. Questo Consolatore infaticabile, facendosi pazientemente e amorevolmente accanto, fa cadere ogni maschera d'ipocrisia, ci insegna e ricorda ogni parola di verità e ci invita ad essere trasparenti davanti a Dio e agli uomini. Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista |