Omelia (01-06-2025) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Asceso per farci suoi testimoni Quaranta giorni o quarant'anni sono sempre allusivi nella Scrittura a un prolungato periodo di tempo caratterizzato da sacrifici e privazioni contornate da lotte, che quando venga vissuto con fiducia e perseveranza consegue sempre almeno un vantaggio. Anche se nelle differenti circostanze, i quaranta giorni che Gesù ha trascorso dopo la sua resurrezione possono considerarsi un tempo dalle medesime prerogative. Gesù non ha svolto un'attività da esibizionista o da saltimbanco per tutto il tempo in cui è apparso ai suoi discepoli dopo essere fuoriuscito vittorioso dal sepolcro: ha voluto in ogni caso vincere le incertezze e le titubanze di fede degli apostoli e dei discepoli, che, come nel caso dei viandanti di Emmaus, non erano stati in grado di riconoscerlo immediatamente (Lc 24, 13 - 35); oppure come nel caso degli apostoli che credevano di vedere un fantasma o di Tommaso, che non credeva alla testimonianza dei suoi fratelli (Lc 24, 36 - 43; Gv 20, 24 - 31). Terminato il percorso delle apparizioni e di ulteriori insegnamenti ecco che per i discepoli di apre la novità esaltante del chiarore e della nitidezza delle idee e la luce finalmente rischiara anche il loro cuore, che era rimasto intorpidito: Gesù non è stato affatto sconfitto dalla cattiveria dei Giudei, non ha fallito la sua missione come si credeva, non l'ha data vinta alla morte e alla distruzione, ma è risuscitato come aveva annunciato in precedenza e adesso è il Signore risorto e glorioso. Occorre dare immediatamente l'annuncio di questa notizia in tutto il mondo allora conosciuto e dispensare la grazia stessa del Risorto con la predicazione e con i miracoli, ma ancora non si è ancora del tutto consapevoli di questa novità. O almeno non la si è assimilata fino in fondo. La Prima Lettura del brano degli Atti degli Apostoli ci ragguaglia infatti di una domanda da parte degli apostoli, che per Gesù doveva essere sconcertante, poiché attestava che ancora non avevano capito la realtà del Regno di Dio presente in Gesù Cristo. Gli domandano infatti: "Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno d'Israele?". Cioè: "Adesso che sei risuscitato, puoi affermare la tua potenza e la tua incidenza politica e sociale; è adesso allora il tempo in cui questi requisiti faranno ricostituire il Regno ora sotto il dominio di Roma? Israele regnerà con te? Ma Gesù capisce che loro non hanno ancora capito. Sarà lo Spirito Santo a discendere su di loro per guidarli alla verità tutta intera e a renderli testimoni suoi, della sua Resurrezione e quindi del vero Regno di Dio, cioè della presenza stessa di Dio nelle parole e nelle opere di Gesù. Di un Regno di amore, di giustizia, di pace e di concordia che lui è venuto a portare, ma che deve ancora insinuarsi nel cuore dell'uomo e che deve ancora realizzarsi in pienezza, quando Gesù stesso tornerà per il giudizio finale, in un futuro remoto che a nessuno è dato conoscere. Lo Spirito Santo guiderà i languidi apostoli nella comprensione di tutto ciò che dovranno fare e dire, perché "prenderà del suo e lo darà a loro"(Gv 15, 26 - 27) e Gesù verrà ulteriormente glorificato per mezzo del loro annuncio "fino agli estremi confini della terra."(At 1, 8). Per adesso i quaranta giorni di Gesù hanno il felice epilogo della sua ascensione al Cielo, che non vuole essere una dipartita plastica, vivace e mitica come nelle aspettative degli eroi. E' semplicemente un recupero della sfera del divino, l'ascensione alla gloria piena della "destra del Padre", già avvenuta subito dopo la resurrezione, ma che adesso si afferma qui in pienezza. Gesù viene esaltato e innalzato, occupando la posizione che gli compete, quella della gloria divina. Mentre gli apostoli, nell'Orto degli Ulivi, conferiscono con lui, avviene che una nube lo sottrae al loro sguardo. La nube è appunto elemento teofanico del divino, per il quale Dio nella sua trascendenza raggiunge l'uomo e parla con lui, come avveniva nella tenda dell'incontro quando Mosè nella nube parlava con Dio faccia a faccia (Es 33, 11 - 12). D'ora in poi Dio conferirà così con i suoi interlocutori: non direttamente, ma nella forma misterica ed elevata. Con l'Ascensione di Gesù questi non scompare da noi ma vuole che lo facciamo apparire. Cosa succede? Adesso inizia il "tempo della Chiesa", che è quello che riguarda gli apostoli, ma che riguarda anche noi. Siamo chiamati infatti a fare esperienza di Gesù Risorto sotto un'altra angolatura differente da quella sensoriale e di immediata sperimentazione; a riconoscerlo cioè nella nostra vita di tutti i giorni, a sentirne viva e attuale le presenza, quindi a pregarlo con fiducia, ma soprattutto ad essere disposti all'ascolto della sua Parola e a vivere questa Parola stessa con abnegazione, coraggio e fiducia, anche quando dovesse costarci. Aveva già detto che, nonostante la sua ascensione al Cielo non ci avrebbe lasciati soli ma che sarebbe stato con noi "tutti i giorni fino alla fine del mondo"(Mt 28, 20), aveva assicurato la sua presenza incoraggiante e stimolante che avrebbe incoraggiato e sostenuto sia nell'interiorità che nella missione. E di fatto ha mantenuto la promessa, se è vero che dopo tanti secoli a partire dal lavoro missionario degli apostoli la Chiesa si ritrova ancora viva e operante, quale Sacramento di salvezza. Ed vero che anche ciascuno di noi sa di questa presenza ineffabile e certa del Risorto. Chi ci aiuta a riscontrare la realtà di Gesù nella differente forma extrasensoriale, ossia nella fede che alimenta la speranza? Chi ci rende consapevoli giorno per giorno che Gesù è davvero con noi, rendendoci capaci innanzitutto di serenità e di pacificazione interiore, quindi di coraggio e di solerzia missionaria? Lo ha detto Gesù stesso: è lo Spirito Santo, che ci guiderà alla verità tutta intera, ci illustrerà su ciò che ancora non comprendiamo e ci darà imput e monito di testimonianza. Lo Spirito rende attuale la presenza del Risorto, ce ne fa fare esperienza diretta, facendo in modo che di lui avvertiamo la presenza, l'esserci e il prendersi cura di noi, sebbene non nella forma visibile, ma nell'aspetto della fede. Lo Spirito ci consola e ci rafforza, ma ci abilita alla missione di annuncio e di testimonianza per cui ci sentiamo Chiesa. Accanto agli apostoli e ai loro successori, anche noi siamo chiamati in forza dello Spirito ad essere annunciatori, ma in primo luogo testimoni, perché come diceva da qualche parte Paolo VI il mondo ascolta più i testimoni che i maestri e se anche ascolta i maestri ciò avviene perché essi sono testimoni. Noi siamo chiamati a testimoniare prima ancora che ad insegnare e ad annunciare. Proprio l'Ascensione, che ci invita alla scoperta del Gesù silente, non visibile, ma sempre loquace e attivo nello Spirito ci invita ad attestare e a dimostrare l'attendibilità di un evento perché altri se ne convincano. Appunto a testimoniare. Quale evento migliore ci riguarda se non Gesù Cristo, Dio fatto uomo che è Risorto e vive per sempre? Quale testimonianza migliore se non quella personale della gioia e della serenità e soprattutto quella dell'amare e del dare disinteressatamente? Quale testimonianza migliore se non quella del donare continuamente Gesù in tutto quello che siamo e che facciamo? Ma soprattutto qual è la testimonianza che l'uomo odierno, proprio nella nostra nazione, necessità maggiormente in situazioni aberranti di femminicidio e di efferato omicidio fra giovani e fidanzati, consumato nell'irrazionalità e nella futilità dei motivi? Episodi sconvolgenti di cronaca nera che descrivono assassinii assurdi, motivati da ragioni futili e insulsaggini ridicole, ci rendono edotti di una Chiesa che non ha saputo catechizzare né annunciare, appunto perché poco capace di testimoniare. Cioè di mostrarsi credibile nel rendere manifesto agli uomini visibili il Gesù che è presente nella forma invisibile. La gloria e l'esaltazione che Gesù ha raggiunto non everte la sua continua presenza fra noi e soprattutto non comporta che noi lo condanniamo ad essere estraneo e avulso dai nostri tempi. Richiede invece che siamo fedeli al suo monito perché lui entri concretamente in tutti i tempi, in tutti i giorni e nel vissuto conttinuo della nostra storia. |