Omelia (15-06-2025)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Pr 8,22-31; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15

Qual è il nome di Dio? Lo diciamo - distrattamente, affrettatamente, forse - ogni volta che attestiamo la nostra fede in Lui: «Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito...». È il biglietto da visita, la lettera di presentazione (ahimè, quanto abusata!) di ogni cristiano che onora il suo nome; ma è anche la soglia-limite sulla quale si gioca la differenza (il che non esclude un rispetto e un affetto reciproco, oltre a una collaborazione sincera per rinnovare le sorti del mondo) tra credenti e atei (ammesso che questa distinzione abbia ancora un senso. Il cardinale Martini scriveva: «Io chiedevo non se siete credenti o non credenti, ma se siete pensanti o non pensanti. L'importante è che impariate a inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. Se non credenti, a inquietarvi della vostra non credenza»). Resta il fatto che il nome di Dio e la sua stessa esistenza, più che gli attributi che gli sono stati riconosciuti dai vari «catechismi» (onnipotenza, onniscienza, signoria...) per spiegare sbrigativamente la realtà del creato nella quale siamo immersi, rappresentano il nodo fondamentale della dialettica attuale, la cui fecondità ci auguriamo di non perdere, fede-ateismo. Sotto questo profilo, mi pare interessante l'affermazione del teologo di Taizé, Max Thurian, quando scriveva che la secolarizzazione, pur restando un fenomeno dalla doppia faccia, può essere «purificatrice».

Qual è il nome di Dio? Una risposta è necessaria, perché Dio non diventi un alibi alla nostra pigrizia culturale e spirituale e - di fronte ai fatti tragici di cui ogni giorno siamo testimoni - la giustificazione della nostra impotenza storica. Già domenica scorsa questo problema si presentava e siamo ricorsi al termine «comunione» per definire Dio. Dio è comunione. Oggi, festa della Trinità, dovremmo chiamarlo «Dio-Distinzione». Ci rendiamo conto, certamente, di quanto il nostro vocabolario sia povero e del tutto inadeguato a esprimere un mistero così grande, una Realtà che infinitamente ci trascende. Ma è facilmente comprensibile, soprattutto da chi è da tempo abituato a lavorare con le coppie e le famiglie, pur senza ricorrere a complicate analisi psicologiche, come il significato di comunione e quello di distinzione siano tra loro strettamente collegati. Non posso fare comunione se non con qualcuno che sia «altro» da me, cioè diverso. Lo diciamo sempre ai fidanzati, oggi sempre più frequentemente già giovani coppie, che non esiste un autentico rapporto d'amore se non tra persone che siano totalmente distinte e che si accettino reciprocamente nella loro diversità. L'alternativa sarebbe solo l'illusione di amare un «altro», in realtà amo solo me stesso, e trasferisco su un'altra persona i desideri rivolti verso la mia persona. Questo è narcisismo, non amore.

L'amore di Dio non è narcisistico, perché Dio è Padre. Dio non si comporta come se fosse Padre, lo è realmente. Dio è per eccellenza l'Essere generante, ed essere generante significa capacità di uscire dal sé, di essere dono, e dono assolutamente gratuito. Dio, Padre-generante, si dona gratuitamente in Gesù, il Figlio che è Dio, perché indivisibile è l'essenza di Dio, ma Persona diversa dal Padre. Lo recitiamo frettolosamente, immersi forse in mille problemi, ogni domenica: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa natura del Padre... In questa sede è solo possibile accennare che il Concilio di Nicea (325 d.C.) ha precisato che il Figlio è generato e non creato per contrastare l'affermazione contraria derivante dall'arianesimo. Spesso, nel linguaggio comune, i verbi creare e generare vengono considerati, impropriamente, sinonimi. In realtà, etimologicamente, il loro significato è diverso. Si ha generazione solo quando uno o più genitori danno vita ad un essere simile, mentre si ha creazione solo quando un essere vivente o una cosa inanimata vengono all'esistenza dal nulla. Solo Dio «fa» entrambe le cose, crea e genera: gli uomini e gli animali possono solo generare. Generare è diventare il genitore - padre e madre - di qualcuno, mentre creare è fare qualche cosa dal nulla. Con la generazione viene prodotto un vivente della stessa specie (Dio genera la Parola, un uomo e una donna generano bambini, un animale genera cuccioli, ecc.), mentre con la creazione è fabbricato qualcosa o qualcuno totalmente diverso dal creatore (Dio crea gli angeli, la luce e le tenebre, il cielo e la terra, le piante, gli animali, i pesci, i rettili e l'uomo).Gesù Cristo è l'unico Figlio di Dio in senso naturale, generato da Dio e di natura divina.

Traducendo in termini (approssimativamente) teologici potremmo dire così: Dio Padre si dona nel Figlio che è Dio, perennemente generato dal Padre, in una relazione d'amore che si rinnova continuamente, che assume forma di Persona. Quando, di fronte a questi concetti, ci sembra di perdere la testa e ci assalgono le vertigini, allora ci rivolgiamo all'umanità di Gesù: ci sembra più facile, lo sentiamo più vicino alla nostra esperienza, anche nella sofferenza e nella morte. Non c'è contraddizione tra trascendenza di Dio e comunione con lui e con le sorelle e i fratelli. Il ritmo trinitario è veramente un cammino verso la conoscenza piena di Dio e dell'essere umano, grazie all'azione dello Spirito che di Dio è l'infinita tenerezza e che ci fa soggetti, persone, capaci di relazioni, di essere insieme, rendendoci consci che la comunione totale può solo avvenire in un contesto di totale distinzione, e ci rende capaci di dare spazio a tutti, riconciliati e dono di riconciliazione, tolleranti, perdonati e perdonanti, decisi a rifiutare ogni emarginazione, aperti al dialogo senza stanchezza. Lo Spirito è il grande «contestatore» all'interno della Chiesa, come continuava a ripetere con le parole e i gesti papa Francesco, e con i profeti che con un linguaggio a volte duro ci richiamano continuamente al dovere dell'incarnazione; ma anche dall'esterno, con la realtà quotidiana che è in continuo cambiamento e che ci impedisce di avere uno schema di comportamento prefissato, un modello politico standardizzato.

Chi ha, o ha avuto, la ventura di osservare, per frequentazione o per semplice curiosità, lo stile di preghiera dei credenti islamici, avrà notato che essi fanno scorrere fra le dita, con una ripetitività che a noi occidentali può addirittura apparire ossessiva, un rosario composto da novantanove grani, rappresentanti le altrettante lodi di Dio. Dio stesso rivelerà a chi vuole il centesimo nome. Se scorriamo queste lodi troviamo gli attributi più importanti per proclamare la divinità di Dio: il Potente, il Creatore, il Vigilante, l'Onnipotente, l'Unico, l'Eterno, l'Immutabile, il Vivente, il Padrone della morte. Non si trova il nome che dovrebbe sgorgare spontaneo dal cuore di figli. Manca il nome di Padre. Strano destino quello delle religioni monoteiste! Pare non riescano a liberarsi dalle suggestioni di un Dio filosofico, distante e inafferrabile, che riempie di sé l'universo, ma freddo e staccato dall'essere umano. Il pessimismo sulla concezione di Dio copre sempre il pessimismo radicale sulla persona, un pessimismo radicale sulla storia. Il Dio desolato ma inerte di fronte alle distruzioni, indifferente di fronte al dolore umano, alla strage delinquenziale di bambini, un Dio che assiste alla sconfitta delle sue creature non è certo nella prospettiva biblica. Un Dio chiuso nella sua onnipotenza ontologica non è il Dio di Gesù, ma è ancora il Dio di molti che si professano cristiani. Lo ammette con evidente tristezza il teologo Karl Rahner (in una citazione tratta dallo studio illuminante di Bruno Forte, Trinità come storia, ed. Paoline) quando afferma che «nonostante la loro esatta professione della Trinità siano quasi solo dei "monoteisti" nella pratica della loro vita religiosa. Si potrà rischiare l'affermazione che, se si dovesse sopprimere, come falsa, la dottrina della Trinità, pur dopo un tale intervento gran parte della letteratura religiosa potrebbe rimanere quasi inalterata...» (p. 13).

Il centesimo e unico nome di Dio lo ha rivelato il Cristo su quella collinetta chiamata Golgota dove tre croci allungano smisuratamente la loro ombra sul mondo; lo Spirito che soffia dove vuole lo rivela a ogni donna e a ogni uomo in ogni angolo del mondo alla coscienza dei singoli, unico sacrario che ci è ancora consentito venerare. Qui Dio, intimior intimo meo, si rivela, ma - come afferma Agostino, occorre scorgerlo all'interno di questo sacrario: «Gli uomini guardano pieni di stupore alle vette delle montagne, al flusso ininterrotto delle maree, all'ampia distesa dei fiumi, agli oceani che li circondano e al movimento delle stelle; e tuttavia essi passano inosservati a loro stessi, non sono oggetti del loro stupore» ("Conf.", X, 8). Se siamo attenti alla voce dello Spirito scopriamo che il centesimo nome di Dio è Amore. Equivale dunque a nominare invano il nome di Dio quando lo utilizziamo per indurre guerre, per creare divisioni, per giustificare, con il rosario in mano, politiche d'odio. Mi pare questo il senso ultimo della festa di oggi.

«Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà. Tutte le cose che ha il Padre, sono mie; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà» (Gv 16,12-15).


Traccia per la revisione di vita

- Viviamo nella convinzione che ognun o di noi, in coppia e in famiglia, può essere l'icona, l'immagine della Trinità se realizziamo un rapporto d'amore reciproco non possessivo?

- Quanto inquieta e interpella la nostra fede la convinzione che, nella vita di coppia, tendere a essere una sola carne, pur essendo persone distinte, ci rende simili alla Trinità, nel rapporto esistente tra Padre, Figlio e Spirito?

- Come si riflette all'esterno l'amore reciproco che ci lega?


Luigi Ghia - Direttore di Famiglia domani