Omelia (06-06-2025) |
Missionari della Via |
Una delle manifestazioni di Gesù Risorto avviene sulla spiaggia. Gesù vede i suoi che pescano e chiede loro «figlioli avete qualcosa da mangiare?» Che tenerezza usa il Signore con queste parole. Chiede a noi se abbiamo qualcosa da mangiare, cioè ci ritiene capaci, ci invita a guardarci dentro, a scoprire che in noi vi è la capacità di amare! Certo, a volte abbiamo paura di essere traditi, delusi, a volte non ne siamo capaci perché egoisti, perché non chiediamo a Lui la forza di amare come Lui ha amato. Ma il Signore non viene a chiedere cose a noi, ma viene a rendere bella la nostra vita donandoci la capacità di amare, perché noi siamo felici solo se sappiamo amare nella verità. Dopo il triplice rinnegamento di Pietro durante l'arresto di Gesù, il Maestro per tre volte viene a chiedere a Pietro se lo ama, se gli vuol bene. È scritto che Pietro rimase addolorato dopo la terza volta ma questo suo dolore è salutare, perché porta Pietro a rientrare in se stesso, a rendersi conto della sua fragilità, di quando ha rinnegato il Maestro. E tutto ciò non avviene perché Pietro si danni ma perché si renda conto che Gesù non lo ha giudicato né condannato, ma lo ha sempre e solo amato! Quanto ci fa bene pensare ciò! Quando i fallimenti della vita ci portano allo scoraggiamento, quando la disperazione per certi errori commessi sembra quasi prendere il sopravvento, quando rinneghiamo Gesù con i nostri comportamenti, quando ci allontaniamo da Lui, Egli accorcia nuovamente le distanze, ci viene incontro e ci dice: "figliolo, hai qualcosa per me? Mi vuoi bene nonostante tutto? Perché io non ho mai smesso di amarti"! Coraggio dunque, perché qualsiasi cosa ci rimproveri il nostro cuore, Dio è più grande del nostro cuore! E non dimentichiamo che alla fine dei tempi, nel giorno del giudizio, il Signore non ci chiederà quanti peccati abbiamo commesso ma se e quanto abbiamo amato! Decidiamoci dunque oggi ad amare e se non ne siamo capaci, perché non lo siamo, consegniamo il nostro cuore al Signore affinché sia Lui ad amare in noi e attraverso di noi. «Gesù, maestro di umanità, usa il linguaggio semplice dell'amore: mi ami? Mi vuoi bene? Il linguaggio del sacro diventa il linguaggio delle radici profonde della vita. Seguiamo le tre domande, sempre uguali, sempre diverse: Simone, mi ami più di tutti? Pietro risponde con un altro verbo, quello più umile dell'amicizia e dell'affetto: ti voglio bene. Anche nella seconda risposta Pietro mantiene il profilo basso di chi conosce bene il cuore dell'uomo: ti sono amico. Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario. Gesù adotta il verbo di Pietro, si abbassa, si avvicina, lo raggiunge là dov'è: Simone, mi vuoi bene? Dammi affetto, se l'amore è troppo; amicizia, se l'amore ti mette paura. Pietro, sei mio amico? E mi basterà, perché il tuo desiderio di amore è già amore. Gesù rallenta il passo sul ritmo del nostro, la misura di Pietro diventa più importante di se stesso: l'amore vero mette il tu prima dell'io. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio mendicante d'amore, Dio delle briciole, cui basta così poco, e un cuore sincero. Nell'ultimo giorno sono certo che, se anche per mille volte avrò tradito, il Signore per mille volte mi chiederà soltanto questo: Mi vuoi bene? E io non dovrò fare altro che rispondere per mille volte, soltanto questo: Ti voglio bene» (p. Ermes Ronchi). |