Omelia (02-06-2025)
Missionari della Via


«Per questo crediamo che sei uscito da Dio». Sono le parole che i discepoli rivolgono a Gesù dopo che Egli ha parlato loro apertamente; dopo che hanno compreso che Lui conosce tutto, che ha tutte le risposte alle domande sulla vita: per questo ora credono! La convinzione dei discepoli è in fondo la nostra convinzione, le loro parole sono le nostre parole quando pensiamo che per credere bastano le nozioni, le catechesi, le messe a cui abbiamo partecipato. Ma Gesù non lo si conosce sui libri o perché conosciamo tutta la Bibbia a memoria ma in un cammino di sequela! Infatti la loro convinzione viene smentita da Gesù: Egli preannuncia loro che questa loro fede non basta! Anzi nell'ora della prova lo abbandoneranno e la paura prenderà il sopravvento. Sappiamo bene quanto siano vere queste parole: nella vita quando le cose vanno bene pensiamo che la nostra fede sia in grado di spostare le montagne; ma quando iniziano i problemi, ecco che piombiamo nell'angoscia e nella paura. Nel momento della sofferenza tante volte manchiamo di fede, quasi che la fede ci avesse dovuto preservare dai problemi e dalle difficoltà. Ma la fede serve ad affrontare le difficoltà non ad evitarle! Gesù ci dice che non è importante capire tutto ma ricordarsi del suo amore, che non siamo soli nei momenti di buio, che Lui è con noi e combatte con noi nei momenti difficili; sì, è importante ricordarsi che Lui ha vinto il mondo!

La pace che Gesù viene a portarci è la pace che non viene mai a mancare anche quando tutto sembra umanamente perduto; è quella pace che viene dalla fiducia in Colui che ha vinto il mondo. «È la memoria di questa vittoria che ci fa rimanere in piedi anche nelle sconfitte. A noi molte volte manca una visione d'insieme della storia, guardiamo sempre tutto come se il presente fosse l'ultima parola. Un cristiano sa già come finisce la storia: Gesù ha vinto il mondo. Ed è per questo che non si scoraggia fino al punto di gettare la spugna» (don Luigi M. Epicoco). Noi siamo chiamati a sperare ogni oltre speranza! Coraggio, dunque, qualsiasi momento tu stia attraversando, Gesù è con Te! Fai oggi il tuo atto di fede e ripeti forte nel tuo cuore: Gesù, io confido in Te!

I santi del giorno: Marcellino e Pietro

Le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro sono le terze catacombe più estese di Roma, conservano il luogo di sepoltura dei martiri a cui sono dedicate e sono situate al III miglio dell'antica via Labicana, che in questo tratto corrisponde grosso modo all'attuale via Casilina. Scavate tra la seconda metà del III secolo e gli inizi del V, si estendono per oltre 20.000 metri quadri, su due livelli principali, con una profondità di circa 12 metri. L'importanza storica e spirituale del sito, la complessità della struttura, uniti alla ricchezza degli affreschi che la decorano, ne fanno un autentico tesoro della Roma Cristiana Sotterranea. Le catacombe dei SS. Marcellino e Pietro hanno origine intorno alla metà del III secolo, in un periodo di distensione nei rapporti tra l'autorità civile e la comunità cristiana, durante l'impero di Gallieno (253-268). Lo sfruttamento funerario del sottosuolo da parte dei cristiani si avviò all'inizio su più nuclei autonomi che poi si fusero nel complesso catacombale attuale. In uno di questi nuclei originari furono deposti i due martiri che hanno dato il nome al complesso: le loro tombe sono visibili all'interno di una piccola basilica sotterranea absidata (resasi necessaria per accogliere i fedeli sempre più numerosi), voluta da papa Onorio I (625-638), mentre il pontefice Adriano I (772-795) vi costruì uno scalone monumentale, l'ultimo intervento edilizio documentato in catacomba.

Per quanto riguarda le memorie cristiane, i due santi che danno il nome alle catacombe sono rappresentati in uno dei più noti affreschi dell'arte paleocristiana, quello del Cubicolo dei Santi Eponimi.

Nella volta dell'ambiente, infatti, appare raffigurato Cristo in tunica purpurea e seduto su un trono, affiancato dalle lettere apocalittiche alpha e omega e dai santi Pietro e Paolo. Ai suoi piedi sono rappresentati i martiri Gorgonio, Pietro, Marcellino e Tiburzio, individuabili da didascalie. Le loro iconografie sono piuttosto generiche, vestono tunica e pallio e calzano sandali. Tiburzio e Gorgonio sono castani e imberbi, mentre Pietro e Marcellino hanno barba e capigliatura grigia. Per conoscere la storia della vita dei due martiri eponimi si deve ritornare ai tempi di Diocleziano: come tramanda un'iscrizione in onore dei due martiri composta da papa Damaso (366-384), il quale attesta di aver conosciuto le vicende di Pietro e Marcellino direttamente dal loro carnefice, essi furono uccisi durante la persecuzione Dioclezianea (304 d.C.). Furono decapitati in un bosco nel suburbio romano dove, prima di essere uccisi, vennero obbligati a scavare con le proprie mani la loro tomba. Secondo una tradizione, il luogo del terribile martirio era conosciuto come Selva Nera e dopo la loro morte fu ribattezzato Selva Candida, oggi località sulla Via Cornelia. Fu per merito di una matrona romana, di nome Lucilla, che i corpi dei due martiri vennero trasportati sulla via Labicana, presso la località ad duas lauros, in un cubicolo di proprietà della matrona e posti entro due semplici loculi, ancora visibili. Con la traslazione dei santi corpi il cimitero cristiano fu dedicato alla memoria dei due martiri, che già da vivi avevano fama di santità: sappiamo che Pietro, più anziano, era un esorcista, mentre Marcellino era un giovane presbitero. Nel cimitero ad duas lauros erano venerati anche Gorgonio, Tiburzio, i Santi Quattro Coronati e due gruppi anonimi di martiri, i Trenta Martiri e i Quaranta Martiri, forse quelli di Sebaste, tutte vittime della grande persecuzione di Diocleziano, eccetto forse Gorgonio, caduto in una persecuzione precedente (Scheda della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, sito: Ecomuseocasilino).