Omelia (18-05-2025) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di don Marco Simeone In sintesi un Comandamento nuovo. Il vangelo di oggi ci aiuta a fare luce su un punto a volte compreso male: questo è il comandamento nuovo di Gesù. Spesso si prende per comandamenti dati da Gesù quello di amare il Signore e il prossimo, ma quelli sono solo la sintesi (il comandamento più importante della Legge) di tutto l'antico testamento, questa è la novità! Ma andiamo per punti: Gesù comincia il discorso riportato nel Vangelo appena Giuda esce dal cenacolo dell'ultima cena, e vi ricordo che è andato a tradirlo! Perché Gesù dice che è stato glorificato? E Dio in Lui? Perché la glorificazione c'è quando si manifesta il Signore in modo inequivocabile. Qui l'inequivocabilità è data dalla totale consegna che il Signore fa di sé nelle nostre mani e qui si palesa il giudizio di Dio: Lui è quello che ama e noi quelli che davanti all'amore scegliamo di scappare. Gesù aveva appena dato a Giuda il boccone, il segno dell'amicizia (si può discutere se con quel boccone già si parlasse dell'eucarestia o di un semplice boccone della cena che stavano facendo), e gli aveva detto che sapeva quello che aveva intenzione di fare ("quello che devi fare, fallo presto"). È quasi come se Gesù gli avesse voluto dire che comunque non lo avrebbe lasciato solo, anche nella sua fuga. Non c'è amore più grande di dare la vita per gli amici: questo dirà il Signore poco dopo, ma lo dice perché Lui lo fa per primo, lo ha sempre fatto e così fino al giorno del giudizio. Lo svelamento dell'ultima cena è che Gesù ci ama, fino a dare la vita, proprio per me che non lo merito, per me che per ogni passo in avanti ne faccio 3 indietro: alzi la mano chi è riuscito a cambiare veramente dopo questa Pasqua senza tornare alla mediocrità di prima... E la domanda che piano piano si fa spazio è: fino a quando Signore continuerai ad amarmi? Quando ti stancherai? Anche perché io mi sono già stancato di me stesso, delle mie incoerenze, dei miei peccati "inesorabili".... Ecco perché qui c'è la Gloria di Dio: davanti alla proposta della Nuova ed Eterna Alleanza Giuda se ne va a tradire per una manciata di spiccioli e il Signore non cambia la sua decisione. Dal peccato originale ci viene più facile pensare male di Dio che fare un'analisi più saggia ed equilibrata, come se Dio fosse un bambino capriccioso che si diverte a vederci soffrire: è il veleno della menzogna del serpente che ancora si nasconde dentro di noi e nei momenti difficili riesce puntuale come il segnale orario. Gesù smonta definitivamente questa menzogna: Io Sono Colui che Sono potremmo parafrasarlo con "Io sono quello che ti sta amando da sempre e per sempre e niente può farmi smettere di essere così nei tuoi confronti", un po' lunga ma penso che renda l'idea. La nostra libertà rimane: spaventosamente Giuda si chiude nel modo più testardo (chissà quale pensiero lo aveva preso per decidere di non fermarsi...) e Gesù non glielo impedisce, gli dice che Lui non smetterà mai di volergli bene. Allora la glorificazione del Padre è l'annuncio della resurrezione: come il Figlio ha manifestato il cuore del Padre, così il Padre nel Figlio manifesterà il Suo amore e la Sua Grazia risvegliandolo dalla morte: sì perché in ogni morte c'è l'annuncio di una resurrezione e per ogni resurrezione c'è stata prima una morte. A Gesù non importa "salvarsi" dalla morte ma farci vedere il Padre: per capire esiste un modo per studiare il sole col telescopio: puntarlo verso il sole (mai guardarci dentro altrimenti si perde la vista!) per proiettare su un foglio di carta l'immagine solare, e quel foglio di carta rende guardabile il sole; allo stesso modo contemplando la fiducia sconfinata di Gesù nel Padre si vede il Padre che mostra la potenza del suo braccio, decisamente di più e meglio che nel Mar Rosso, donandogli la resurrezione, così Gesù fa vedere quanto il Padre ci ama, quanto il Suo amore è fedele e quanto Dio desidera che noi viviamo la vita eterna. Allora si capisce il comandamento di Gesù: se ami così, cioè come hai visto fare a me (cioè ti affiderai del Padre totalmente e in questa fiducia ti donerai ai fratelli), tu rendi presente e visibile l'amore del Padre. Questo realizza una comunione totale con Gesù: vuol dire che io e te desideriamo le stesse cose, che cioè sia glorificato il nome del Padre, e in questo amore esiste la Chiesa, noi siamo Chiesa in questo abbraccio tra Padre e Figlio. La prima lettura sottolinea come attraverso l'operato degli apostoli si erano manifestate le opere di Dio, mentre nella seconda si vede come questa dinamica è un dono: la Gerusalemme celeste che ci viene regalata, noi possiamo già assaporarla ogni volta che amiamo così, quando abitano in noi gli stessi sentimenti del Signore, allora sì non ci sono più lacrime (chi perderà la sua vita la guadagna per la vita eterna), quello che era prima passa perché riamane solo il Signore con noi, l'Emmanuele. Quindi non ha molto senso la frase: "io sono una brava persona perché faccio il bene che posso" perché oggi ti chiama a rendere presente l'amore e la persona stessa del Signore nel modo in cui amerai e come accetterai l'amore che ti viene donato. |