Omelia (04-05-2025) |
diac. Vito Calella |
Speranza nel ministero del Papa e nella potenza del nome di Gesù Il mondo intero attende la nomina del nuovo Papa, con il ricordo ancora vivo del ministero "petrino" di Papa Francesco, morto il 21 aprile di quest'anno. I media stanno facendo i nomi dei cardinali che potrebbero essere eletti nel conclave che inizierà mercoledì 7 maggio. I giornalisti vogliono suscitare la curiosità di noi telespettatori e indurci a pensare che la Chiesa sia un'istituzione puramente umana, con tendenze conservatrici, moderate e progressiste tra i cardinali chiamati a svolgere l'elezione del nuovo vescovo di Roma. Non c'è rispetto e non c'è considerazione per l'azione dello Spirito Santo che guida il discernimento della volontà di Dio Padre, contemplando la Chiesa cattolica come istituzione divina e umana chiamata a essere «seme e inizio del Regno di Dio in questo mondo» (Lumen gentium 5). La Parola di Dio di questa terza domenica di Pasqua focalizza la nostra attenzione sul potere del «nome di Gesù» e sull'importanza del primato di Pietro all'interno della Chiesa, riconfermato da Cristo risuscitato dopo la dolorosa esperienza del triplice rinnegamento vissuto dal primo dei dodici apostoli mentre Gesù era sotto processo davanti al Sinedrio di Gerusalemme. Riaccendiamo quindi la fiamma della nostra speranza in Cristo Gesù, la nostra «via, verità e vita» (Gv 14,6), ringraziandolo per la nuova fiducia accordata all'apostolo Pietro e per l'assistenza divina a tutti i suoi successori nella guida della Chiesa di Roma, chiamati a esercitare il ministero di «pascere gli agnelli e il gregge del Signore» (Gv 21,15c, 16c, 17c), con l'impegnativa missione di far «conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace. Vi è infatti un solo corpo e un solo Spirito, e la speranza a cui tutti siamo stati chiamati è una sola. C'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, al di sopra di tutti, in mezzo a tutti e in tutti» (Ef 4,3-6). Riaccendiamo la fiamma della nostra speranza non confidando nel potere del nome del Papa, ma nel potere del nome di Gesù. Ricordiamo che abbiamo già ricevuto questa grande benedizione: «Dio Padre ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,9-10). Speranza nel ministero del Papa La Chiesa Cattolica riconosce il fondamento biblico del primato di Pietro nel gruppo dei dodici apostoli, per volontà di Dio Padre attraverso l'azione esplicita di Gesù. Nel racconto della chiamata dei dodici apostoli, Pietro compare sempre per primo nella lista dei nomi (cfr. Mc 3,13-19 // Mt 10,1-4 // Lc 6,12-16). È Pietro che, a nome del gruppo, fa la prima professione di fede, riconoscendo che Gesù è «il Cristo» (Mc 8,29 // Mt 16,16 // Lc 9,20). L'evangelista Matteo aggiunge le seguenti parole di Gesù: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno mai contro di essa» (Mt 16,18). Quando molti dei seguaci di Gesù lo lasciarono dopo il discorso sul «pane di vita disceso dal cielo», Gesù chiese ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Pietro, a nome del gruppo dei Dodici apostoli, confessò: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna. Noi crediamo e riconosciamo che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,67-69). Pietro aveva i suoi limiti. Non accettò il primo annuncio della passione e fu rimproverato da Gesù, chiamato «Satana» e «pietra d'inciampo» per tutto il gruppo (Mt 16,23). Prima della passione, nel contesto dell'ultima cena pasquale, Gesù rivolse queste parole solo a Simon Pietro: «Simone, Simone, ecco, Satana ha cercato ardentemente di vagliarti come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. Ma quando ti sarai convertito, conferma i miei fratelli» (Lc 22,31-32). Pietro era pronto a seguire Gesù fino alla morte (Lc 22,33). Tuttavia, Gesù profetizzò il suo triplice rinnegamento: «Pietro, ti dico che oggi il gallo non canterà se non avrai negato di conoscermi tre volte» (Lc 22,34). E così avvenne (cf. Lc 22,54, 62 // Mt 26,69-75 // Mc 14,66-72 // Gv 18,15-18.25-27). Nel vangelo di oggi il discepolo che Gesù amava riconobbe il Cristo risuscitato in quell'uomo presente sulla riva del lago, che all'improvviso aveva fatto accadere la pesca miracolosa. Professò la sua fede dicendo: «È il Signore!» (Gv 21,7). «Simone Pietro, sentendo che era il Signore, si mise la veste perché era nudo e si gettò in mare» (Gv 21,8). La sua nudità divenne un segno simbolico della povertà radicale della sua condizione umana di peccatore. Il suo tuffarsi nelle acque del lago simboleggiava la sua condivisione della condizione di peccatore con tutti gli esseri umani. Quelle acque possono simboleggiare il battesimo che ci libera dalla potenza del male e dal nostro egoismo e ci dà la speranza di rinascere per una nuova vita perché Gesù è il Vivente, che è sulla riva del lago e non abbandona nessuno. E così, dopo aver sperimentato il pasto di pane e pesce, segni simbolici della presenza viva del Cristo risuscitato nell'Eucaristia, Pietro fu completamente redento con quel meraviglioso dialogo faccia a faccia, ripetendo tre volte l'amore e l'affetto che Pietro aveva per il suo Signore. Pietro, confermato nella sua missione di essere il primo tra i dodici apostoli, nel libro degli Atti degli Apostoli ci offre una luminosa testimonianza del suo coraggio nell'annunciare la potenza del nome di Gesù e la centralità della sua morte e ressurrezione per chi vuole credere in Lui. Il nome di Gesù era più importante del suo stesso nome e del ministero di essere il primo dei dodici apostoli. Il ministero di Pietro e dei suoi successori, che sono i vescovi di Roma, è quello di evangelizzare tutti i popoli affinché «ogni lingua confessi che Gesù Cristo è Signore per la gloria di Dio Padre» (Fil 2,11). La rete riempita di centocinquantatre grossi pesci simboleggia tutti i popoli della terra che formano un unico popolo di Dio, uniti nella stessa fede in Cristo morto e risuscitato. Vogliamo ringraziare Dio per l'umile testimonianza di Papa Francesco che, pur avendo il suo nome sempre esposto nei media e nelle reti sociali, ha chiarito di essere un peccatore e di voler sempre contare sulla misericordia e la fedeltà di Dio e sulla preghiera di tutti i fedeli affidati da Dio alla sua cura pastorale. Non è essenziale conoscere la personalità e il nome del futuro papa, ma pregare che colui che verrà scelto possa confidare nell'azione dello Spirito Santo e nella potenza del nome di Gesù, affinché quante più persone credano in Gesù Cristo rimanendo unite nella stessa "rete" di una Chiesa attenta alla comunione. Speranza nel potere del nome di Gesù. Pietro annunciò il kerigma pasquale: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono» (At 5,29-32). È un Pietro coraggioso, a differenza del Pietro timoroso del giorno dell'interrogatorio di Gesù davanti allo stesso Sinedrio! La resistenza di molti ebrei ad accettare il kerigma pasquale e credere che Gesù era veramente il Messia di tutte le promesse dell'Antico Testamento spinse l'opera evangelizzatrice ad aprirsi a tutti i popoli, principalmente attraverso la missione apostolica di Paolo e del suo gruppo missionario. Nel libro dell'Apocalisse contempliamo questo grande sogno di vedere tutti i popoli della Terra riconoscere che veramente Gesù Cristo è il Signore. Questa è la nostra speranza: che ci possano essere «miriadi di miriadi e migliaia di migliaia di angeli a dire a gran voce: "L'Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione". E che tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovano, possando dire: "A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli"» (Ap 5,11-13). La nostra speranza è che il nome di Gesù sia impresso nei cuori e nelle menti di tutti coloro che hanno realmente sperimentato che «l'ira divina dura solo un momento, mentre la sua bontà rimane per tutta la vita» (Sal 29,6), perché veramente Dio Padre vuole la salvezza di tutti, di tutti, di tutti. Egli vuole l'inclusione nella Chiesa di tutti, tutti, tutti. |