Omelia (01-05-2025)
padre Ezio Lorenzo Bono
IL LAVORO CHE EDUCA

Giuseppe, come padre putativo di Gesù, gli ha insegnato a vivere. Non solo gli ha insegnato a camminare prendendolo per mano nei suoi primi passi, ma soprattutto a camminare nella vita, a lavorare, a sacrificarsi, a essere libero. Gesù ha imparato a lavorare osservando e aiutando suo padre Giuseppe, il falegname di Nazareth. È in quella bottega che il Figlio di Dio ha sperimentato che il lavoro non è solo fatica, ma è anche responsabilità, dignità, servizio agli altri.
Giuseppe ha insegnato a Gesù a non cercare scorciatoie, a non vivere di privilegi, a guadagnarsi il pane con il sudore delle mani. E mentre levigava il legno, gli trasmetteva qualcosa di ancora più prezioso: il coraggio di affrontare la vita, la pazienza nei momenti difficili, la fiducia nella Provvidenza. Giuseppe è stato un vero educatore: non ha trattenuto Gesù a sé, non lo ha posseduto, ma lo ha reso capace di scegliere, di essere libero, di partire.
Il Vangelo ci dice che Giuseppe non era un uomo passivo o rassegnato, ma un uomo di coraggio creativo, capace di trasformare la stalla di Betlemme in una casa per far nascere Gesù, una fuga in Egitto in una via di salvezza. Anche nella sua bottega, giorno dopo giorno, ha mostrato a Gesù che il lavoro non serve solo a vivere, ma a costruire, a proteggere, ad amare.
Oggi, mentre celebriamo San Giuseppe Lavoratore, guardiamo a lui come modello non solo di obbedienza, ma di paternità vera: un padre non è solo chi mette al mondo un figlio biologicamente, ma chi si prende cura, chi insegna a vivere, chi educa il figlio alla libertà di diventare quello che è chiamato a essere. Anche noi, come Giuseppe, siamo chiamati a esprimere una paternità spirituale, a lavorare con amore e a trasmettere ai più giovani non solo un mestiere, ma il gusto della vita, la dignità della fatica, il coraggio della libertà.
E chiediamo a San Giuseppe di proteggere tutti i lavoratori, affinché attraverso il loro lavoro possano generare alla vita i loro figli.