Omelia (16-03-2025) |
Agenzia SIR |
Bellezza ad alta quota Luca ci conduce dal deserto al monte e ci invita a salire per andare oltre le fatiche quotidiane e sperimentare la levità, il riposo, la sobria ebbrezza dell'incontro con Dio. L'episodio della trasfigurazione è una storia di estasi in cui Gesù invita tre dei suoi discepoli, i più vicini e i più "sanguigni" del suo team, a salire con lui per partecipare a un momento intimo della sua vita: la preghiera. Gesù ha saziato le folle affamate trasformando il poco in molto, ha effettuato un sondaggio tra i discepoli per sapere cosa pensasse la gente di lui e ha rivolto loro la stessa domanda ricevendo da Pietro la risposta corretta: "Il Cristo di Dio!". Ora, è proprio a seguito di questa dichiarazione che egli inizia il suo svelamento e parla della sua pasqua in tre tappe: sofferenza, morte e risurrezione. Questa danza pasquale non tocca solo Gesù, ma anche chiunque decida di seguirlo. Seguirlo, infatti, non significa avere vitto e alloggio assicurati fino alla fine dei propri giorni, né ricevere un'assicurazione contro danni, furti o infortuni. Andare dietro a lui significa piuttosto lasciarsi "battezzare" nella complessità della vita, abitare le prove, attraversare il fallimento, accettare i paradossi, in poche parole perdere la vita per salvarla. Gesù insegna che il discepolato non riflette logiche commerciali o politiche, non contempla scorciatoie o raccomandazioni, ma procede solo per dinamiche di attrazione, per esperienza di seduzione. Si segue il Maestro non perché conviene, né per dovere morale, né per un'ingiunzione esterna, né per assecondare i capricci delle mode. Si segue il Maestro per amore, perché la sua grazia vale più della propria vita (cf. Sal 63,4), in quanto ne svela il senso profondo, lo illumina e lo rende pieno. Dopo aver parlato della croce, Gesù permette che i suoi amici sperimentino un anticipo di risurrezione. Egli prega e su quell'altura irrompe l'inedito di Dio: la metamorfosi di un volto, la luminosità che il corpo trasmette alle vesti. È un tripudio di luce perché, come prega Israele, "Dio, il Signore, è la nostra luce" (Sal 118,27)! La gloria di Dio celebra le sue nozze con la carne umana. La divino-umanità di Gesù è un mistero da contemplare ad alta quota, è un'alleanza indissolubile che fa venire le vertigini. E mentre i tre sono colti dal sonno, compaiono Mosè ed Elia, gli uomini dell'alleanza, i "sedotti" dal Signore, maltrattati dagli uomini ma coccolati da Dio. Non sono gli attori di un film muto, ma i protagonisti di un dialogo che attesta che Gesù è la cerniera tra due condizioni: la vita terrena e la vita eterna. I discepoli si svegliano e avvertono il brivido del divino: è "bella" questa pagina della loro storia. La comunione tra cielo e terra che Gesù rende possibile è letta mediante la categoria della bellezza. Pietro vorrebbe immortalare questo momento, ma la bellezza non è un oggetto da possedere: se provi a toccarla e trattenerla, si sciupa e sfiorisce. La bellezza è un tesoro da custodire delicatamente e da riporre nello scrigno interiore. Il Padre soltanto, che ne è l'artefice, la può rivelare: la bellezza non è una cosa ma qualcuno, è il Figlio suo, "l'eletto", bellezza che non solo va contemplata, ma anche ascoltata, cioè amata. È l'amore, infatti, la via della vita, il segreto della pienezza. Esso non va ostentato, né gridato. Va covato nel silenzio, allevato lontano dai frastuoni, nutrito nel nido fecondo della preghiera, consolidato nella tenerezza dell'abbraccio tra il Padre e il Figlio. Commento di Rosalba Manes, consacrata dell'Ordo virginum e biblista |