| Omelia (13-11-2022) |
| don Michele Cerutti |
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Commento su Luca 21,5-19 Si sta chiudendo il cerchio dell'anno liturgico che vedrà domenica prossima la solennizzazione di Cristo Re. Il brano evangelico oggi precede, nei versetti, quello della I domenica d'Avvento, con cui si è dato inizio a questo anno contrassegnato con la lettera C. Il capitolo da cui è tratto il Vangelo proclamato si apre con Gesù, che elogia l'anziana donna che getta i piccoli spiccioli per l'offerta del Tempio vedendo in lei il modello di donazione totale, mentre i discepoli sono presi nel contemplare la bellezza di questo luogo di culto caro alla tradizione ebraica. L'attenzione del Messia è ancora una volta al particolare mentre il rischio è di fermarsi all'apparenza. I versetti di questa domenica mettono in evidenza proprio il contrasto tra la sontuosità del Tempio ammirato dagli apostoli e le parole dure di Gesù che vogliono scuotere per far sì che si volga lo sguardo all'essenziale. Luca scrive il Vangelo nel 70 d.C. e ricorda quello che il Maestro ha affermato mettendo in guardia le comunità affermando che di quella costruzione non rimarrà pietra su pietra. In quegli anni Tito distruggerà proprio quel Tempio e avrà inizio la diaspora. Questi eventi che provocano un certo sconcerto debbono spingere il discepolo alla conversione anche se questa porta inevitabilmente a delle scissioni. Gesù parla di persecuzione. Questa realtà è conosciuta dalle comunità lucane. L'invito del Maestro è quello della perseveranza. Teniamo conto che nelle prime ore della cristianità i convertiti dal paganesimo o dall'ebraismo a volte dopo essere perseguitati sfuggivano da queste condizioni rinnegando la fede. Gesù afferma che la perseveranza porta alla salvezza ed esorta i suoi interlocutori a non avere paura. Anche a noi oggi ci viene consegnato l'invito a non temere. Quali sono le paure che imperversano nelle comunità cristiane? Da un lato il timore è legato al giudizio finale e tra i cristiani abbiamo gli apocalittici coloro che vedono morte in ogni luogo e parlano di punizioni e flagelli senza nessun orizzonte legato alla misericordia. Dall'altro ci sono cristiani che per paura di essere perseguitati dal mondo cedono alle mode e ai pensieri che non corrispondono alla fede. Alla base di tutto una consegna sbagliata dell'annuncio che porta a questi due eccessi. Il brano evangelico prosegue e lo abbiamo letto, come detto, nella I domenica d'Avvento: Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. Non siamo soli e l'Alfa e l'Omega della storia non è nel il COVID, né Putin, né Zelensky, ma Gesù e solamente Lui. Non dobbiamo avere paura della persecuzione perché Egli ci offre lo Spirito Santo, il Paraclito come nostra difesa. Abbiamo detto nelle comunità cristiane vi sono i due estremi, ma è bello anche essere ammirati per tutti coloro che vivono la loro fede in maniera semplice e testimoniandola con coraggio. Sono coloro che nel posto di lavoro non cedono alle lusinghe di carriere con inviti subdoli nel rinnegare le proprie convinzioni e sono coloro che si impegnano ad annunciare la bellezza del Vangelo senza diffondere insane paure. L'annuncio del Regno è la nostra responsabilità e va vissuta non colorandola di tinte fosche, ma sempre con i raggi della Risurrezione a cui tutti siamo votati. Anche noi come i discepoli siamo attratti dalle bellezze del Tempio ovvero magari volti alle logiche dei grandi numeri o dei sontuosi avvenimenti della nostra fede. Tendiamo a scoraggiarci quando vediamo poco seguito alle iniziative delle comunità. Gesù ci spinge ad avere sempre lo sguardo sull'essenziale. Il cristianesimo non è popolarità è anzi strada veramente impervia ma si poggia su Cristo che ci ha garantito: "Io sono con voi fino alla fine del mondo". |