Omelia (18-09-2022)
padre Antonio Rungi
Non si può servire Dio e la ricchezza

Il vangelo di questa XXV domenica del tempo ordinario ci pome di fronte ad uno degli argomenti più trattati in tutti gli ambiti della vita sociale, economica e ecclesiale dei nostri giorni: il tema dei soldi, della ricchezza come si diceva una volta "mammona". Questo termine caduto in disuso, ma anche viene spesso utilizzato nelle espressioni evangeliche di qualche anno fa. Partirei proprio da questo termine per capire il senso ed il contenuto del vangelo di oggi che inizia con un'altra parabola quella dell'amministratore disonesto, scaltro, ladro e approfittatore come purtroppo ce ne sono stati e ce ne saranno in tutto il mondo. Il Dio denaro, la ricchezza corrompe il cuore, la mente e la vita anche die più santi ed onesti di facciata. Infatti, il termine Mammona viene usato nel Nuovo Testamento per personificare il profitto, il guadagno e la ricchezza materiale, generalmente con connotazioni negative, e cioè accumulato in maniera rapida e disonesta ed altrettanto sprecato in lussi e piaceri. Nell'antichità lo si fa risalire ad un demonio, genericamente nella mitologia caldeo-siriaca, quindi greca e romana, arrivando poi alla citazione di Gesù nel Vangelo di Matteo e nel nostro caso, in quella di Luca, che oggi ascoltiamo nella liturgia della parola.


Ci troviamo di fronte ad un brano del Vangelo che sembra sconcertante, in quanto Gesù loda la sagacia di un tale che, a prima vista, sembra un furbetto infedele al suo padrone. C'è poi il padrone che sicuramente doveva essere grande proprietario terriero che non si occupava della gestione ordinaria delle sue proprietà, e aveva lasciato a un uomo di sua fiducia la responsabilità di gestirle.

Secondo quanto qui si racconta, si potrebbe pensare che questo amministratore avesse dei nemici visto che qualcuno andò dal padrone accusandolo "di sperperare i suoi averi". Il padrone, da parte sua, convocò immediatamente l'amministratore per chiedergli il rendiconto.

Il furbo amministratore cosa fa allora, prima che il padrone lo licenzi e lo rimuova dall'incarico? Andò chiamando i debitori, e propose loro di cambiare la ricevuta dove era annotato l'ammontare del debito, vale a dire, il prezzo globale che ognuno di loro doveva restituire a suo tempo per quello che aveva ricevuto in prestito. Questo prezzo conteneva di solito la somma prestata, ma spesso si aggiungevano anche abusivamente gli interessi, nonostante la legislazione biblica proibisse di farlo, in base a quanto stabilito nel libro dell'Esodo: "Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all'indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse" (Es 22, 24).

Quando l'amministratore propone loro di scrivere nelle nuove ricevute soltanto l'ammontare che avevano ricevuto in prestito, senza gli interessi imposti dal proprietario (in un caso il cento per cento e nell'altro il venticinque per cento), si saranno indubbiamente sentiti alleggeriti, e avranno visto nell'infedeltà dell'amministratore nei confronti del suo padrone una dimostrazione di onestà, che apriva a quell'uomo le porte per delle buone relazioni nel futuro, basate sulla fiducia nella sua giustizia.

In questo modo l'amministratore infedele si costituisce un gruppo di amici, ai quali ha fatto delle concessioni ed agevolazioni, ma sui beni altrui e non suoi. Gesù dà per scontato che non merita lode tutto il suo comportamento, ma lo indica come modello d'intelligenza e di sagacia nella gestione di situazioni complicate, in un ambiente corrotto. Insegna così ai suoi ascoltatori che, per arrivare nelle "dimore eterne", alla gloria del cielo, quando si vive nel mondo reale, spesso ingiusto, occorre prudenza, astuzia, e agire con rettitudine.


In una delle sue catechesi, nel commentare questo brano del Vangelo di Luca, Papa Francesco dice che questo testo "ci porta a riflettere su due stili di vita contrapposti: quello mondano e quello del Vangelo. [...] La mondanità si manifesta con atteggiamenti di corruzione, di inganno, di sopraffazione [...]. Invece lo spirito del Vangelo richiede uno stile di vita serio - serio ma gioioso, pieno di gioia! -, serio e impegnativo, improntato all'onestà, alla correttezza, al rispetto degli altri e della loro dignità, al senso del dovere. E questa è l'astuzia cristiana! [...]

Forte e categorica è la conclusione del brano evangelico: ‘Nessun servo può servire a due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altrò (Lc 16,13). Non si può servire il Signore e scendere a compromesso con tutto ciò che immorale, immondo e ingiusto.

Con questo insegnamento, Gesù, in poche parole, ci esorta a fare una scelta chiara tra Lui e lo spirito del mondo, tra la logica della corruzione, della sopraffazione e dell'avidità e quella della rettitudine, della mitezza e della condivisione". Sta a noi scegliere dove è la vera gioia e non certamente nel possesso dei soldi e delle cose, né nell'assicurarsi un avvenire economico e per stessi e per la propria famiglia, approfittando dei propri ruoli, uffici e posizioni a danno di quanti lavorano onestamente e danno il meglio di loro stessi nelle molteplici attività che contrassegnano la nostra epoca e la nostra storia.