Omelia (07-08-2022) |
don Alberto Brignoli |
Dalle cose vane ai tesori che valgono Domenica scorsa ci eravamo lasciati con alcuni interrogativi riguardanti la vanità delle cose della vita: sogni e progetti che svaniscono, che vanno in fumo come nebbia che si dissolve al mattino, e che portano con sé, in questo turbine di vanità, molte delle cose che noi nella vita riteniamo importanti, se non addirittura fondamentali. Tra esse, i beni materiali, visti come una certezza soprattutto nei momenti di crisi e di instabilità che spesso attraversano la nostra esistenza. Tutte cose lecite, per carità, soprattutto se guadagnate onestamente: costituiscono quel "tesoretto" dal quale poter attingere nel momento in cui le situazioni della vita ci mettono alla prova. Tuttavia, non ci donano la salvezza di cui abbiamo bisogno, perché pure esse soggette alla vanità, alla pochezza, alla caducità delle cose della terra. Anche se abbiamo la possibilità di accumulare onestamente alcuni tesori qui sulla terra, non sono certamente essi ad assicurarci la vita vera. E allora, oggi Gesù nel vangelo ci parla dei tesori che contano veramente e che possono darci la vita vera; quelli che, dove essi si trovano, possono far trovare pace anche al nostro cuore. Sono tesori sicuri, che non invecchiano, che nessun ladro può rubare e nessun tarlo può consumare, perché non sono fatti di metalli corruttibili, e tantomeno sono appetibili come l'oro. Sono tesori fatti di fatica, spesso, e proprio per questo non sono facilmente accumulabili: ma sono - dice Gesù - "tesori sicuri in cielo", ovvero tesori custoditi in Dio, dove è praticamente impossibile andare a portar via ciò che non è proprio. Sono quei tesori personali, frutto delle fatiche quotidiane, frutto di tante ricerche, frutto di incontri preziosi, tesori che l'evangelista Matteo, nelle sue parabole del Regno, descrive come perle di grande valore per ottenere le quali si è disposti a vendere tutto, "a vendere ciò che si possiede per darlo in elemosina", ci dice Luca oggi. Alcuni di questi tesori li abbiamo ben presenti tutti, e sono le persone a cui vogliamo bene, le persone che amiamo, le persone che nella nostra vita sentiamo veramente come presenza di Dio in noi. Per questo, quando diciamo "tesoro" a una persona, non possiamo assegnare a questo termine quell'accezione di banalità che spesso gli diamo, usandolo come termine vezzeggiativo o a volte addirittura ingannevole tanto per dire qualcosa di diverso a qualcuno che ci sta - si spera - quantomeno simpatico. Dire "tesoro" a qualcuno cui vogliamo bene significa riconoscere in lui qualcosa di prezioso, custodito nei cieli, ovvero in Dio, qualcuno sul quale contare nei momenti di fatica, di povertà interiore, di crisi; qualcuno la cui bellezza interiore ed esteriore non si corrompe neppure col passare degli anni, qualcuno da cui sappiamo di poter attingere sempre cose nuove, qualcuno per stare con il quale siamo disposti davvero a lasciar perdere ogni cosa. Anche stare con una persona che è per noi un "tesoro" costa fatica: ogni cosa che vale costa! Ma oggi Gesù ci mostra un altro tesoro vero, e questo costa veramente, perché spesso non se ne capisce il senso, spesso, quando lo si ha nel cuore, ci si sente inutili; spesso, addirittura, è un tesoro il cui possesso non solo non gratifica, ma ci abbatte e ci crea sofferenza. È il tesoro del servizio, il tesoro di poterci sentire ed essere veramente "servi" degli altri, "a servizio" degli altri. Le similitudini che Gesù utilizza nel vangelo di oggi dopo aver parlato dei tesori che contano, altro non sono che la traduzione, in gesti concreti, di ciò che significa "aver accumulato un tesoro nei cieli": significa l'esatto contrario della logica del mondo, secondo la quale chi possiede tesori è ricco e comanda. Nella logica del Regno dei cieli, invece, chi possiede tesori è povero e serve, sta sempre con il grembiule cinto ai fianchi, con la lampada della carità accesa per poter vedere, anche nelle situazioni di maggior oscurità, le necessità dei fratelli; nella logica del Regno, chi serve lo fa ad ogni ora, anche nel cuore della notte, non calcola i tempi, non lavora "a cottimo" né in base alle ore di un contratto; nella logica del Regno, chi serve, anche quando ha qualche responsabilità in più rispetto agli altri, non approfitta della propria posizione per dominare sugli altri, per capeggiare sugli altri, per primeggiare sugli altri, per scartare gli altri, per far rimanere male gli altri quando non sanno fare le cose bene come lui...e quanti di questi atteggiamenti anche tra le nostre comunità cristiane, dove spesso il servizio agli altri, più che un tesoro da condividere diviene un modo per ostentare la propria persona, il proprio io! E Gesù ci mette in guarda anche da questo: a chi è affidato molto, perché chiamato a servire anche nell'assunzione di incarichi di responsabilità, sarà richiesto molto di più che agli altri, sarà richiesto che cosa ne ha fatto di quel tesoro che gli è stato posto tra le mani e che invece di far passare nel cuore e nella mente ha custodito nelle tasche del proprio egoismo e del proprio orgoglio. Il vero tesoro del cristiano non è uno scrigno pieno di oro, di potere, di onore e di fama; il vero tesoro del cristiano è fatto di servizio e di carità. E se poi questo tesoro del servizio e della carità ci è chiesto di viverlo con quelle persone a cui diciamo "Io ti voglio bene, sei il mio tesoro prezioso", allora viene meno anche la fatica del servizio: ma sono convinto - e lo dico sulla base della mia esperienza personale - che ogni volta che ci mettiamo a servizio degli altri, anche nel momento in cui dispensassimo loro ciò che di più prezioso riusciamo a donare, da loro stessi, specialmente dai più poveri, riceviamo il tesoro più prezioso, quello che non si corrompe, non marcisce e non si consuma: un posto nel Regno dei cieli. |