Omelia (13-09-2003)
Paolo Curtaz


Un invito alla concretezza quello del Signore, oggi. Una differenza sostanziale tra il parlare e l'agire, tra il credere di credere e la casa costruita sulla roccia; Gesù non ama l'esteriorità né i salamelecchi, non la pompa magna né la ritualità che non sia piena di desiderio e di verità e che non porti alla conversione della vita. Una fede che – almeno un poco – non inquieta, non smuove, non mette in discussione la quotidianità è sospetta. Un Dio che conferma sempre le tue decisioni e non ti fa riflettere sulle tue scelte lavorative non è il Dio di Gesù Cristo. Vengono in mente stereotipi grazie al cielo superati ma sempre in agguato: persone attente all'esteriorità, a ciò che dice la gente, al mantenere un'aura di rispetto e di apparenza senza mai davvero incontrare Dio. Ne vedo ancora, purtroppo, razza difficile a convertire, li vedo i volti distratti e superficiali delle inutili celebrazioni di Natale, impermeabili a qualunque parola, assolutamente certi di sapere, di conoscere a sufficienza, di non avere bisogno. No, amici, pietà. Dio ti raggiunge solo se apri il cuore, non giudica ma ama, insegna ma zittisce davanti alla sufficienza e all'arroganza. Guardiamo ai frutti, amici, guardiamo alla concretezza delle nostre scelte. Una fede che resta chiusa in chiesa, che smette di esistere al lunedì mattina non cambiuerà mai né la nostra vita né la Storia. Arriva la domenica, nel pomeriggio inizieremo a celebrare la croce, poi lunedì inizierà la nostra Messa, in ufficio.

I nostri piedi e il nostro cuore affondano nella tua predicazione, Signore, la sete di vangelo ci trapana la vita. Noi ti amiamo Signore, converti la nostra quotidianità in gesti che siano frutto della tua presenza.