| Omelia (26-01-2020) |
| diac. Vito Calella |
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I vari “sguardi” della nostra conversione «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17): sono le stesse identiche parole che diceva Giovanni Battista (cfr. Mt 3,2). Immergersi nell'acqua del Giordano, alla presenza di Giovanni, era una scelta simbolica che doveva corrispondere ad un cambiamento morale e alla predisposizione giusta per accogliere il messia, la cui venuta era imminente. «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino»: all'usare le stesse parole di Giovanni, Gesù non battezzava, ma attirava l'attenzione su di sé, luce del mondo, potente in parole ed opere: «Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo» (Mt 4,23). Il Regno di Dio era già presente nella persona stessa di Gesù con la potenza consolatrice e liberatrice delle sue parole e con la sua corporeità vivente guidata dallo Spirito Santo, capace di compiere miracoli. La potenza delle sue opere e parole era solo un segno premonitore della più potente opera e parola che Gesù avrebbe vissuto e pronunciato alla fine della sua missione in questo mondo, cioè nell'ora durissima della sua totale impotenza e fallimento: l'opera della sua consegna, resa, abbandono ad essere crocifisso e la sua parola di perdono per chi lo voleva eliminare. Il Regno di Dio diventa Gesù morto, sepolto, risuscitato! La nostra conversione, prima di essere un cambiamento di stile di vita, è una questione di sguardo. Il primo passo è guardare a Gesù, voler diventare subito suoi discepoli, immedesimandoci in Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni che scelsero di guardare a lui, seguirlo nel cammino che li avrebbero condotti con lui fino a Gerusalemme. Concretamente significa familiarizzare con i racconti del Vangelo mediante la lettura orante della Parola di Dio. Quanto più amiamo dedicare tempo e spazio alla preghiera sulla Parola di Dio, tanto più ci rendiamo contro che conversione diventa concentrare il nostro sguardo, ogni giorno, su quell'evento finale della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù. Allora, incentrati giorno dopo giorno sull'offerta del corpo e sangue di Cristo, grazie al dono dell'Eucaristia, la nostra conversione è già un cambiamento di sguardo perché non guardiamo più all'ombelico del nostro egoismo, ma siamo attratti dalla luce piena del Cristo risuscitato. Arriviamo al momento più bello. La nostra conversione diventa la scoperta che "cambia la vita": non sono solo, non siamo soli a gestire la sfida della nostra esistenza! La mia, la tua, la nostra storia umana in questo mondo trova già ospitalità nel Padre unito al Figlio grazie allo Spirito Santo, che è al tempo stesso comunione e dono. In altre parole: Dio già regna in me, in te, in tutti noi! Attende pazientemente la nostra scoperta del Suo essersi già fatto dono di comunione fin da quando Gesù morì crocifisso una volta per tutte e fu risuscitato con quel corpo martoriato. In forza della risurrezione, motivo che ci fa stare qui a celebrare ogni domenica il giorno del Signore, trova ospitalità per sempre nel Padre unito al Figlio nello Spirito Santo ogni vita umana, ogni essere vivente, ogni cosa di questo mondo. La pienezza del Regno di Dio sarà la manifestazione di questo disegno del Padre già in atto nella storia: «Il ricondurre a Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle dalla terra» (Ef 1,10). Il Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo è fedele, non torna indietro, ha già rivolto il suo sguardo su di me, su di te, su di noi, il suo amore misericordioso e gratuito già risplende sulla nostra condizione esistenziale qui ed ora, nella fase positiva o negativa in cui ci troviamo, nella situazione di unità o di conflitto che percepiamo in noi e attorno a noi. La luce di cui parla il Vangelo, richiamando la profezia di Isaia, non è luce di sole, nemmeno luce di led, ma è linguaggio simbolico per dire questa consapevolezza, questa scoperta che ci riempie di stupore: il Padre ha preso iniziativa per primo, per mezzo del suo Figlio amato, guidato dallo Spirito Santo, ed è venuto ad incontrarci per realizzare con tutti noi, con tutta l'umanità, una nuova ed eterna alleanza! Non è a caso che Gesù abbia svolto quasi tutta la sua attività pubblica nella Galilea, il cui nome significa "curva delle genti" (ghelil ha-gojim). Gesù inizia la sua vita pubblica in mezzo a un popolo fatto di incroci di culture e razze così come sta avvenendo ai nostri giorni. Il Regno di Dio è la comunione tra noi, opera dello Spirito Santo, che ci fa vivere esperienze di gratuità nelle nostre relazioni, a partire dalla condivisione con la carne di Cristo risorto presente nei più poveri. Questa esperienza di unità nella carità è generatrice di gioia e pace ed è frutto della povertà della nostra esistenza consegnata liberamente all'azione dello Spirito Santo in noi, che ci fa stare in comunione col Padre, per Cristo, con Cristo e in Cristo, morto e risuscitato per noi e per la nostra salvezza. Chiediamo il dono di questa comunione e la testimonianza di questa unità nella nostra Chiesa, perché, come ai tempi dell'apostolo Paolo, non ci sia chi dice di essere di papa Francesco o di papa Benedetto XVI, di Paolo o di Apollo, ma tutti ci sentiamo uniti in nome della sapienza disarmante e scandalosa della croce di Cristo. |