Omelia (29-12-2019)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Sir 3, 3-7.14-17; Sal 127; Col 3,12-21; Mt 2,13-15.19-23

La Sacra Famiglia, la Santa Famiglia, due termini, due visioni sociali diverse.

La prima 3 metri sopra il cielo, la seconda un po' di più con i piedi nella realtà del quotidiano, più realista, più umana; ecco perché giustamente il cambio di rotta nel definire la festa della famiglia per eccellenza: Gesù, Giuseppe, Maria, emblemi di una vissuta in tre step, da 0 a12 anni, da 12 a 30 anni, da 30 a 33 anni, quando Gesù muore, risorge, ascende al cielo.

Una famiglia molto calata nell'oggi, anche se a duemila anni di distanza; una famiglia, come milioni di famiglie oggi, che conosce l'esperienza della fuga e dell'esilio, della insicurezza e dell'abbandono, della paura e della sofferenza.

Una famiglia in cui personaggi sembrano vivere slegati uno dall'altro, che se rompono gli schemi tradizionali della società israelitica, dall'altra confermano la nostra realtà occidentale in disgregazione.

E comunque neanche la "santa" famiglia non scherza: Giuseppe è un uomo rispettoso del sistema sociale ebraico, ma che sembra dover continuamente non poterlo rispettare: prende in moglie una ragazza incinta, non sa bene da chi ma si fida, nel suo sonno gli viene imposto di fuggire in Egitto, ma anche di ritornare a casa dopo la morte di Erode, non ha parola quando ritrova Gesù nel tempio perché la reprimenda la fa Maria la madre di Gesù, e dopo di ciò sparisce dai racconti, tant'è che sotto la croce c'è solo Maria, la madre di Gesù, per cui la figura di Giuseppe, come marito e padre, diventa "relativa", quasi di contorno a giustificazione del quadro generale (notiamo che anche in questo brano domenicale a Giuseppe viene chiesto di prendere il bambino e "sua madre", quasi a sottolineare il "forte ruolo dualico bambino-Maria" in questa ed altre situazioni.

Giuseppe per altro va ammirato per il suo "silenzio" accondiscende al misterioso progetto salvifico di Dio, quasi in rappresentanza di quel genere umano maschile che sa accettare ruoli subalterni per il bene della società e della famiglia.

Invece Maria assurge a soggetto principe nella relazione triangolare familiare, e non si venga poi a dire che la Bibbia è maschilista, perché qui Dio esalta la sua divina femminilità sovvertitrice, attraverso il ruolo di Maria, che diventa guida comportamentale per l'Umanità.

Maria donna all'apparenza remissiva, ma da una personalità forte, meditativa, accogliente, una scelta veramente "divina", per il progetto di salvezza di Dio.

Non dimentichiamoci che Maria è l'alter ego di Eva, perché se da una donna, oggetto di giochi "demoniaci", l'Umanità ha peccato conseguendo la morte, da una donna, Maria, "soggetto di progettualità divina", l'Umanità ha la strada per la salvezza eterna.

Maria diventa lo spartiacque femminile tra l'antico e il nuovo testamento, tra la Genesi e l'Apocalisse, tra la morte terrena e la vita eterna.

E Gesù, questo "Dio-bambino-Uomo", è il trade-union ma anche l'elemento di rottura di questa "santa famiglia", la quale per un imperscrutabile disegno superiore, incomprensibile all'acume umano, diventa modello di riferimento per la cristianità cattolica, attraverso il testo di Siracide e di Paolo.

Un modello di famiglia che ci invita a "uscire da sé", a guardare all'altro, rinunciando anche al proprio progetto personalistico per venire incontro al progetto dell'altro, assumendo una relazione che deve rivestirsi di rispetto, perdono, misericordia, amore, sopportazione, ascolto, condivisione, silenzio, meditazione, carità, come ricorda la lettura paolina, che fa pendant con lo splendido testo di Siracide che fa memoria e invita ad avere cura, solidarietà, comprensione attenzione, pazienza verso coloro che ci hanno guidato una vita e che ora devono essere guidati nella senilità.

Infine i testi domenicali chiedono alla Chiesa e alla società nel suo insieme una maggior relazione nei confronti delle coppie e delle famiglie in difficoltà a qualsiasi titolo.

La loro accoglienza, l'ospitalità, la cura premurosa costituiscono non tanto un obbligo, ma quanto un bisogno del cuore e dal cuore, perché così si condivide la sollecitudine concreta di Dio, nella figura della santa famiglia, verso queste realtà, familiari e di coppie, ultime.


Domanda

- Che modello è per me, come famiglia, la santa famiglia?

- Come famiglia so rivestirmi di quanto espresso nel testo di Siracide e nella lettera paolina ai Corinzi?


Claudio Righi - CPM di Pisa