| Omelia (17-11-2019) |
| padre Antonio Rungi |
|
Un ritiro permanente di perseveranza cristiana Ci avviamo verso la conclusione dell'anno liturgico e la parola di Dio di questa domenica XXXIII ci invita a riflettere sull'eternità e sul secondo e definitivo avvento di Cristo sulla terra, per giudicare i vivi e i morti. Il genere letterario adottato per rendere più comprensibile ciò che la teologia ci dice è quello tratto dalla Sacra scrittura, dai cosiddetti testi apocalittici, che riguardano le ultime cose e che hanno a che fare, nel modo di riflettere umano, con la fine del mondo. Proprio in Vangelo di questa domenica tratto da San Luca, Vangelo che ci ha accompagnato, nelle domeniche, per tutto l'anno del Ciclo C, ci viene ricordato quanto Gesù disse a quanti, al suo tempo e alla sua presenza, parlavano della grandezza e della bellezza del tempio di Gerusalemme, elevato a icona di eternità, ornato, come era, di pietre preziose e di doni votivi, che tutto questo avrebbe avuto un termine, sarebbe stato distrutto, in quanto non è di natura eterno, ma temporale. Infatti Gesù con parole forti e per certi versi angoscianti afferma che «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Un annuncio di sventura, di una catastrofe, di un qualcosa di irreparabile? Assolutamente no. Al contrario un annuncio di speranza e di risurrezione finale che passa attraverso la perseveranza della fede e del coraggio dei martiri. Nei versetti successivi parla delle persecuzioni contro i cristiani: "metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome". Una persecuzione che si è verificata al tempo di Gesù e che è ancora in atto, dopo duemila anni, in varie parti del mondo, ove i cristiani sono perseguitati e messi a morte. Gesù nel brano del Vangelo rammenta che simili esperienze saranno occasioni propizie per dare testimonianza di autentica fede. Nello stesso tempo, di fronte alle accuse dei tribunali umani, raccomanda di affidarsi totalmente ai suggerimenti dello Spirito Santo che illuminerà la loro mente per controbattere le forze del male e dell'odio verso la religione cristiana: "Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere". Continua Gesù nel brano del Vangelo a preparare il cuore e la mente dei sui discepoli, anticipando ciò che avverrà e che di fatto avvenne ed avviene ancora oggi, sotto tutti i cieli e sotto tutte le stelle, in tutte le fedi e in tutte le nazioni della terra: "Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome". Tuttavia, un grande spiraglio di speranza e di serenità, si apre nel discorso apocalittico di Gesù, quando assicura a tutti i suoi amici che "nemmeno un capello del loro capo andrà perduto". Il discorso di Gesù si amplia poi alle nazioni e diventa globalizzante, nel senso che anticipa quella che è la storia di guerre e violenze che ha caratterizzato e caratterizza l'umanità da sempre, ma anche le tragedie e gli sconvolgimenti conseguenti a fenomeni naturali. Infatti, preannuncia che «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo". Di fronte a questi annunci di distruzioni, di guerra e di ogni altro motivo di forte preoccupazione soggettiva e collettiva, chi interloquiva con Gesù gli domanda: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Gesù non dice oggi, domani o fra dieci anni, o con data fissa, magari facendo profezie o elaborando quelle già fatte in merito, ma risponde semplicemente con queste parole: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Gesù mette in guardia i suoi discepoli a non andare dietro a quanti si presentano come messia o profeti di sventura o sciagura; ma fa il punto della situazione di ciò che di fatto era già successo prima della sua venuta, e che era in atto in quel tempo e che egli prevedeva per il futuro: "Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Tutto il suo ragionare è finalizzato alla perseveranza cristiana, alla testimonianza della fede e alla preparazione del proprio cuore ad incontrare Cristo, nella gloria, in qualsiasi istante della propria vita, negli avvenimenti lieti o tristi della storia dell'umanità. Infatti chiude il suo discorso apocalittico con questa esortazione finale: "Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita". In poche parole Cristo ci invita a dare spazio e peso nella nostra vita terrena, che a volte segnata da fatti drammatici, a ciò che conta per la salvezza finale, quella appunto eterna, oltre il tempo presente ed oltre la storia dello stesso universo. Per cui "dà grande consolazione e speranza -ha detto Papa Francesco - ascoltare questa parola semplice e chiara di Gesù sulla vita oltre la morte; ne abbiamo tanto bisogno specialmente nel nostro tempo, così ricco di conoscenze sull'universo ma così povero di sapienza sulla vita eterna".
|