Omelia (07-07-2019)
don Maurizio Prandi
Occuparsi del dolore degli uomini, ascoltare un cammino

Nel nostro viaggio insieme a Gesù verso Gerusalemme ci viene incontro il grande tema della gioia, che soggiace a tutte le letture che abbiamo ascoltato. Ci lasciamo guidare allora verso una vita che ancora non abbiamo e che Gesù ci vuole donare, consegnare.


La prima lettura ci dice che la gioia viene, guardando alla storia del popolo d'Israele, da quella che potremmo definire una ri-nascita che coincide con il ritorno del popolo di Dio nella sua terra, nel ritorno a Gerusalemme. L'esilio di Babilonia è terminato e la vita ri-nasce. Già vi ho fatto questo esempio, però ci torno volentieri, perché su questo rinascere mi ha aiutato tanto Simone, un giovane sposo, che alla domanda: perché ti sposi in chiesa? ha risposto che per lui era una specie di riscatto... un riscatto nei confronti della vita, che mi ha tolto tanto, fin da piccolo, e anche nei confronti di Dio, perché in fondo ho sempre pensato che sia stato Lui a togliermi questo... la mamma prima, il papà poi... oggi posso dire che in mezzo a tante fatiche, a tanto dolore, a tante domande c'è lei, che mi ha ri-messo al mondo, che mi ha fatto ri-nascere.


Il profeta Isaia lega la gioia alla pace, pace che è:

- Pienezza di vita

- Armonia con la creazione

- Fraternità (verso gli uomini)

- Comunione (nei confronti di Dio)

Questa prima lettura è un invito a riconoscere quanto abbiamo ricevuto: soltanto così possiamo essere contenti, soltanto così può sbocciare la speranza che muove e da una direzione nuova alla vita.


C'è il salmo poi che ci racconta: l'importanza di far conoscere quello che Dio ha fatto per noi

- l'attenzione di Dio ad un popolo e allo stesso tempo al singolo

- la fiducia e la speranza

- la misericordia, che è dono di Dio.


Anche la seconda lettura ci parla di questa ri-nascita, di questa novità. Ciò che conta, dice san Paolo, è essere una nuova creatura ed è nuova creatura chi riconosce di essersi ricevuto da Dio, e che riconosce il primato dell'agire di Dio, che riconosce che la logica che informa il nostro agire non è quella del successo, non è quella dell'imporsi facendo magari la voce grossa, ma al contrario, è la logica della croce, del dono della propria vita, del perdere per amore. Quando parla di nuovo Paolo usa un termine in greco che non vuol dire nuovo nel senso di mai usato prima, ma nel senso della qualità: rimane la tua vita, rimangono le tue ferite, rimane la tua storia e nonostante tutto, rimane la tua fedeltà, la tua appartenenza a Lui. Non importa, dice Paolo, quello che ho fatto, quello che ho detto, ciò che conta è l'amore che ho ricevuto! Accogliere il Signore Gesù, lasciarsi amare, abbracciare da lui, lasciarsi trasformare, guidare, invadere dalla sua pace.


La gioia nasce dalla missione, dall'annuncio del Vangelo; e allora sono già due le parole importanti che ci vengono consegnate, perché qualcuno, quella gioia, quella vita nuova che arriva la deve portare.

- È Gesù che designa i discepoli (non sono i dodici, sono altri settantadue) e poi li invia. La missione ha la sua fonte in Cristo, non in noi. Molto di quel che facciamo ha origine nei nostri progetti o nei nostri istinti, ma solo ciò che deriva dalla relazione con Gesù ha un impatto che sa di eterno.

- Gesù manda i discepoli a due a due. La vita cristiana non ammette l'individualismo. Si va almeno in coppia e la ragione principale è la comunione. Un'altra parola che ci viene incontro allora è la parola fraternità! Lavorare almeno in due implica lavorare incoraggiati, aiutati, limitati e ridimensionati da qualcun altro. Con i liberi battitori capita che non si possa condividere niente con loro, perché magari sono persone brillantissime, ma veri e propri analfabeti della relazione.

- I discepoli: è chiaro dalle parole di Gesù che devono sapersi occupare del dolore degli uomini! Come fare? Sapendo di non dover essere il lupo più forte, sapendo di essere fragili, sapendo di non essere vincenti, sapendo di essere agnelli, sapendo di non doversi imporre ma di essere rifiutabili. È soltanto a queste condizioni che si può essere autorevoli, attendibili: non con la violenza, non con l'aggressività. Pace a questa casa! La pace, il primo dono che Gesù risorto farà ai suoi discepoli. La pace, cerco la pace o cerco chi mi aiuta a vincere? Cerco la pace o affermo le mie ragioni, i miei progetti, le mie idee? Far sentire una vicinanza, far sentire la vicinanza di Dio questo è il compito, dice Gesù! Perché il suo desiderio è quello di stare con noi.


Come fare? Don Fabio Rosini scrive che non c'è bisogno di borsa, che serve per il pane, di bisaccia, o sandali. Bello il riferimento ai sandali: non sia mai che qualcuno sia tentato di prendere un'altra direzione, perché la strada è una, quella tracciata da Gesù. Chi viene a me (mi metto dalla parte di chi riceve l'annuncio della vita nuova), non mi porta pane e non mi porta denaro perché non li ha nemmeno per sé: mi porta i suoi sandali, mi porta il suo cammino, ed è un cammino da ascoltare. Portare pane, portare risorse a chi non le ha: non c'è bisogno di essere cristiani per farlo, o cattolici, è questione di essere uomini! È come se Gesù ci dicesse che possiamo andare oltre, che è necessario andare oltre, è necessario portare il nostro cammino, quello che ognuno di noi ha fatto.


Infine: ciò che conta non sono i risultati. Anche i demoni si sottomettono a noi quando invochiamo il tuo nome. Ciò che conta è che i nostri nomi sono scritti nel cielo, ovvero che Dio ci conosce, sa ci chi siamo, i nostri nomi sono scritti nei cieli, siamo amati, voluti bene da lui. Non il risultato quindi, ma la relazione che ci lega a Lui!