Omelia (07-07-2019)
don Luciano Cantini
Andate...

Altri settantadue

I numeri hanno sempre un valore simbolico nella Scrittura: settantadue rappresenta i popoli della terra (Genesi nella versione greca dei LXX), la missione ha un respiro universale, tutto il genere umano ne è coinvolto. Il pronome altri richiama e distingue dalla missione dei dodici (Lc 91-6), la sua indefinizione trascende la contingenza spazio-temporale e richiama nello stesso tempo i discepoli di ogni epoca e di ogni luogo. Proprio a noi che oggi ascoltiamo queste parole è rivolto l'invito a andare davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Da qui comprendiamo che il discepolo di Gesù non è soltanto colui che si mette al suo seguito, ma anche colui che è mandato in avanti; precede il Signore per preparare i cuori alla sua accoglienza.


Andate

L'immagine della messe ci trasmette l'idea di un campo biondeggiante per la mietitura in cui qualcuno ha arato, seminato e atteso la maturazione del grano: è il tempo della raccolta del frutto di tanto lavoro. Se usciamo dall'immagine del campo per guardare all'uomo difficilmente troviamo tanta maturazione, anzi ci si presenta una umanità egoista, succube del denaro e del potere, fragile nelle relazioni, profondamente immatura. È proprio questa differenza tra la realtà e la sua descrizione che ci racconta l'amore del Signore per l'uomo. Gesù è talmente innamorato di questa umanità che come lo sposo vede la sua sposa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata (Ef 5,27).

L'immagine è quella della abbondanza, della festa che ci aspetta alla fine della storia, allora dobbiamo avere uno sguardo lungo e ricco di speranza, attratto dal futuro che ha davanti, dal Regno ormai vicino, dalla pienezza del Regno che già giunto al compimento anche se ancora non ci appare in tutto il suo splendore.

Per questo occorre pregare (cerchiamo di liberarci dall'uso distorto di questa espressione riferendola esclusivamente a preti, missionari e religiosi) perché i cristiani siano capaci di andare oltre il visibile, oltre sé stessi. Per questo Gesù dice vi mando come agnelli in mezzo a lupi, non per una particolare cattiveria dei lupi, ma per l'incapacità di guardare nella stessa direzione e di vedere le stesse cose. Stiamo assistendo, oggi a visioni della storia diametralmente opposte in una società tradizionalmente cristiana che richiederebbe una revisione alla luce del Vangelo, piuttosto che da egoistiche ideologie sovraniste.


Non portate...

Una visione proiettata nel futuro e incamminarsi verso esso necessita di essenzialità, non ha bisogno di denaro nella borsa, non si appesantisce delle cose nella sacca, fa a meno anche del necessario come i sandali, neppure di lunghi cerimoniali, come era d'uso, di saluto per via. Chi è davvero attratto dalla meta non concede distrazioni: dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (Fil 3,13-14).

Comunicare la Pace è il primo compito affidato, non la tranquillità o l'assenza di conflitti apparenti, ma il dono pasquale, incontro tra la Grazia e l'impegno dell'uomo che sa di essere un figlio della pace.

Mangiando e bevendo di quello che hanno, è accettare l'ospitalità e provocare condivisione, mettere le basi della comunione. La guarigione, quella profonda è la sola che può donarci la libertà ed aprirci alla speranza. È la riscoperta di sé stessi e della propria dignità, della propria vocazione, è scoprire di essere "vicini" al regno di Dio. È vicino a voi il regno di Dio: quando riusciamo a costruire la pace perché abbandoniamo i segni di potenza, testimoniamo il distacco da ogni potere, creiamo comunione, riusciamo a curare l'umanità ferita dall'odio e dalla paura dell'altro.