| Omelia (09-12-2001) |
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Una voce grida nel deserto La seconda tappa di questo tempo di Avvento che prepara al Natale è segnata dalla figura del Battista. Matteo lo presenta con una notevole somma di simboli, che diventano chiari solo se letti alla luce dell'AT. Nel suo bel commentario al vangelo di Matteo, S.Ilario di Poitiers ne svela alcuni con un particolare acume. Giovanni "giunge nel deserto della Giudea, regione deserta quanto alla presenza di Dio, non del popolo, e vuota quanto all'abitazione dello Spirito Santo, non degli uomini, di modo che il luogo della predicazione attestava l'abbandono di coloro ai quali la predicazione era stata indirizzata". L'immagine del deserto aveva infatti per Israele una grande importanza. Lì tutta la storia del popolo era cominciata, quando il gruppo di sbandati guidato da Mosè ed uscito dall'Egitto, si era gradualmente trasformato nel popolo del Signore. Un popolo fedele alla Sua Parola, pur fra mille dubbi e titubanze. Giungendo dal deserto il popolo di ritorno dall'esilio aveva ricominciato a ricostruire il regno di Israele. Il deserto è dunque il luogo per eccellenza dove si giunge gravati dal peccato e dalla insicurezza e si riparte per un nuovo inizio. Il Battista viene a proclamare la possibilità di questa nuova partenza. Non si tratta però di un progetto umano, di una dichiarazione di buona volontà, ma dell'annuncio della salvezza decisa ed offerta da Dio. Dice S.Ilario: "la veste intessuta anche con peli di cammello sta a indicare una predicazione profetica". Così infatti erano abbigliati i profeti dell'AT. Coloro che avevano annunciato le grandi azioni di Dio nella storia. Il Battista, ultimo dei profeti, viene ad annunciare, l'azione definitiva: Dio si fa uomo per salvarci. Di un nuovo inizio parla anche il cibo del Battista. E' infatti il cibo con cui si nutrono i bambini, coloro che si affacciano alla novità della vita. Le locuste arrostite sono una specie di gradito pop-corn per i bambini dell'Africa e dell'antico medio oriente, così il miele è il prodotto naturale per eccellenza dei piccoli. Questi alimenti sono però anche quelli di cui ci si nutre quando si attraversa il deserto e si viene da un lungo cammino, tanto che le provviste sono finite e resta solo il cibo spontaneo, il cibo donato dalla misericordia divina. Questa era la condizione dell'umanità al tempo del Battista: il lungo tempo del deserto dell'AT era finito, era ormai l'ora della Novità, l'ora della Buona Notizia, il Vangelo. Tutto nel Battista annuncia la speranza di una nuova possibilità data agli uomini per incontrare Dio e vivere in comunione più piena con Lui. Continua S.Ilario chiarendo il significato dell'ultimo simbolo, il battesimo: "Egli si era presentato come messaggero a coloro che dovevano essere battezzati in vista del pentimento. Il dovere dei profeti, infatti, consisteva nel distogliere dai peccati, mentre era proprio di Cristo salvare i credenti". Il battesimo del Battista infatti, ultimo di una lunga tradizione di gesti simbolici tipici dei profeti dell'AT era una messaggio che metteva in luce tutta la potenza evocativa dell'acqua. L'acqua come elemento purificatore indicava l'urgenza di una conversione del cuore. Il lavaggio del corpo offriva l'occasione di confessare tutta la necessità che l'uomo ha, per poter incontrare Dio, di una profonda purificazione del cuore da ogni male. Ma la seconda valenza simbolica dell'acqua è altrettanto importante: la nostra nascita è un sorgere dalle acque dell'amnio, ed ogni immersione accompagnata da un ritorno al respiro ed alla vita, è simbolicamente un ritorno alla vita, un rinnovarsi della nascita. Per accogliere il regno di Dio, dirà Gesù a Nicodemo, è necessario nascere di nuovo. Non si tratta di rientrare nel grembo fisico della madre, ma di accogliere il messaggio che l'incontro con Dio cambia tutta la vita, la fede non può essere solo un optional domenicale, per questo l'inizio della vita di fede è in tutto e per tutto una nuova nascita. Questo stesso messaggio di rinnovamento è espresso dalla prima lettura: con la forza dello Spirito di Dio, il Messia – l'inviato di Dio – rinnova il mondo secondo un progetto di giustizia, impegnandosi contro la violenza e per la pace vera fra gli uomini. Commento a cura di don Nazzareno Marconi |