Omelia (19-09-2015)
Paolo Curtaz


Dio continua a seminare con abbondanza la sua Parola nelle nostre vite, col gesto ampio e generoso del seminatore della parabola. È un seme, la Parola, se non viene accolto e coltivato secca nella terra o fra le pietre. Non basta ascoltare per farla germogliare ma occorre coltivarla, capirla, studiarla, amarla, meditarla, pregarla. Una volta attecchita, la Parola può incorrere in diversi pericoli. Il primo è il fatto di essere semplicemente portata via dall'avversario. È una lotta anche solo ricordarsi qual era il Vangelo della scorsa domenica! Ma i pericoli sono molti: le troppe cose da fare, le preoccupazioni, possono impedirci di dedicarle il tempo necessario o possono farcela mettere in secondo piano, come se non avesse nulla a che vedere con le nostre vite. Se però perseveriamo con costanza, facendoci aiutare, celebrando la Parola alla domenica, ritagliandoci magari un incontro d'ogni tanto per meditarla, allora porta frutto. Ma qual è il terreno che porta frutto? Credo lo sia chi si è riconosciuto nei primi terreni infruttuosi, chi con umiltà, ha ammesso di dedicare poco tempo e poca attenzione alla meditazione della Parola.