Omelia (22-08-2015) |
Paolo Curtaz |
La vicinanza alle cose di Dio può dare smalto e lustro. Bene, d'accordo, ci può stare. E anche all'interno della comunità possiamo ricoprire incarichi che vengono riconosciuti, che suscitano rispetto e, a volte, finanche ammirazione. D'accordo. E il retaggio della storia italiana, così visceralmente innervata di cristianesimo, fa sì che abbiamo ancora rispetto per le autorità, soprattutto quelle ecclesiastiche (resto sempre stupito nel vedere quanto rispetto ci sia verso un Vescovo, chiunque esso sia). Ma il rischio di rendere vano il Vangelo diventando come i religiosi descritti nel Vangelo di oggi, ahimè, è sempre presente. Un pericolo costante da cui guardarsi bene, per cui fare discernimento. Anche se solo siamo catechisti o educatori, anche solo se intorno a noi sanno che siamo dei cristiani, dobbiamo vigilare su noi stessi per non essere divorati dal demone dell'apparenza, quello che ci fa mettere in vista rispetto agli altri, tutti attenti a non sfigurare, anche davanti a Dio. Dio chiede autenticità, sempre, costi quel che costi. Preferisce il figlio ribelle ma sincero a quello fintamente devoto. Ricordiamocelo. |