Omelia (15-09-2014)
Paolo Curtaz


Il giorno dopo aver fatto memoria della croce di Cristo, della misura del suo amore, la Chiesa si sofferma sul ruolo di Maria, madre di Dio. Lo fa perché da sempre i discepoli sono rimasti impressionati dalla forza della prima fra di loro, soprattutto sotto la croce, nel momento più drammatico della sua vita interiore. Sappiamo bene com'è andata: dall'annunciazione fino a quel giorno Maria ha custodito l'immenso mistero dell'incarnazione, ha visto quel bambino così simile a tutti gli altri crescere, gli ha insegnato a camminare, a parlare, a pregare. Poi l'adolescenza e la giovinezza passata nella bottega del padre. Infine l'atteso inizio della sua vita pubblica, le notizie prima esaltanti che giungevano da Cafarnao, poi quelle dolorose che giungevano da Gerusalemme. E a Gerusalemme troviamo Maria che giunge fino ai piedi della croce. Quanto dolore può provare un genitore davanti ad un figlio che muore? E che muore in quel modo? E in modo ingiusto? Quanta rabbia può abitare il suo cuore nei confronti degli uomini. E di Dio? Invece, annota, Giovanni, Maria "sta" ai piedi della croce, dimora, irremovibile, nella sua fede.