Omelia (24-12-2017)
don Giovanni Berti
Pappa, cacca e nanna

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Pappa, cacca e nanna

Ecco come si pu? riassumere Ges? bambino, il Figlio di Dio che nasce a Betlemme.

I grandi discorsi, i grandi segni miracolosi, le folle, le dispute con i religiosi del suo tempo, i discepoli... tutto viene dopo, molto dopo, in quei ultimi anni di vita che sono largamente raccontati dai Vangeli.

Il Natale ci porta a guardare a Dio da una prospettiva meno religiosa in assoluto, e nello stesso tempo la pi? universale: un bambino. Tutti, credenti o non credenti, guardando un bambino appena nato in braccio alla propria madre rimaniamo stupiti e la nostra parte pi? vera dal punto di vista umano viene profondamente sollecitata e riaccesa. Quel bambino piccolo e fragile, completamente indifeso, incapace di tutto, ma carico di vita, non pu? non coinvolgerci umanamente a sentimenti profondi di cura, amore, tenerezza, stupire, voglia di vivere.

Mi ricordo benissimo di mia mamma anziana, che negli ultimi anni di vita era segnata dal decadimento cognitivo, quando incrociava un bambino era come si risvegliasse e quasi automaticamente aveva gesti di tenerezza e felicit?. L'amore per i bambini ? stata davvero l'ultima delle facolt? che l'hanno abbandonata nel suo cammino di malattia.

Pappa, cacca e nanna. ? in questo modo che Dio mi invita ad incontrarlo e a ritrovare in me quella umanit? profonda che Lui ha scelto di percorrere e che spesso dimentico in questa societ? che ha molti aspetti di disumanit? quando dimentica i poveri, quando diventa violenta, chiusa e senza amore.

In questi giorni in parrocchia ha portato la sua testimonianza un amico prete, don Carlo Vinco, che ci ha raccontato come ? arrivato a interessarsi sempre pi? delle situazioni di povert? e emarginazione nella citt? di Verona. Avendo stretto amicizia un po' per caso con alcune persone immigrate che gravitavano nella sua parrocchia, ? arrivato un giorno a fare visita a quello che nei primi anni 2000 era nella citt? di Verona un vero e proprio ghetto di poveri. Le strutture abbandonate delle ex cartiere Fedrigoni, non lontane dalla stazione di Verona, erano diventate negli anni il luogo di vita di centinaia di persone immigrate che vivevano in baracche fatte di nulla, nella totale sporcizia e mancanza di servizi igienici. Don Carlo ricorda che la visita a quell'universo di povert? a due passi dal ricco centro della citt? lo aveva profondamente cambiato. Gi? dalla prima volta che era uscito da quel luogo, aveva cambiato la prospettiva con quale guardare non solo quei poveri, ma ogni essere umano. Non erano pi? solamente "gli immigrati" da considerare in base a categorie come la nazionalit? e il colore della pelle. Erano per lui tante singole persone, con un nome e cognome preciso, una storia, dei sentimenti, una vita fatta di sbagli e conquiste, di luci e ombre. Ogni persona ? da guardare come essere umano unico e irripetibile, nella sua singolarit?, cos? come Dio guarda ogni essere umano a cominciare proprio dall'uomo Ges?, dal bambino Ges?.

Davanti al presepe, che purtroppo viene spesso preso come scudo di tradizioni e basta, imparo a guardare ogni essere umano nella sua pi? semplice umanit?, sapendo che proprio in questa Dio si manifesta. La mia umanit?, quella di chi mi sta accanto ogni giorno, quella di chi incontro per strada, sul lavoro, tra gli amici, nei poveri, ? la stessa di Ges?, ? la stessa di Dio.

Se guardo e adoro il bambino Ges? come Dio che ? sceso in terra, nonostante non faccia altro che pappa, cacca e nanne, allora non posso non pensare che proprio nella mia umanit? pi? concreta e in quella di ogni essere umano, posso incontrare Dio.

La bella notizia di Natale ? proprio che ogni uomo ha la possibilit? di ritrovare Dio dentro di s?, perch? cos? siamo stati creati. Il fragile bambino Ges? ? venuto proprio a ricordarcelo dalla mangiatoia di Betlemme.

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