Omelia (17-12-2017)
Carla Sprinzeles
Commento su Isaia 61,1-2.10-11; Giovanni 1,6-8.19-28

Amici, che mi ascoltate, la figura che campeggia oggi nelle letture ? Giovanni il Battista.

Abbiamo detto che lo scopo che ci prefiggiamo ? vivere il Natale in modo pi? vero. Ecco, Giovanni il Battista ? un ottimo modello. La situazione di compimento era nell'aria. Oggi noi sappiamo che siamo in continuo divenire, oggi come allora viviamo in attesa di novit? che devono iniziare: ? l'attesa di una storia nuova, di un'umanit? nuova, di forme nuove di comunione di condivisione.

Prepararsi ad accogliere Dio significa vivere nella consapevolezza della provvisoriet?.

C'? una parola che ritorna in questi testi, ed ? la parola deserto. Forse ? la parola che traduce questa esperienza della precariet?, dell'essenzialit?: cosa puoi portarti nel deserto se non ci? che ti ? essenziale per vivere? E quindi il distacco da tutto il resto.

Ecco, questo di Natale ? proprio il periodo che ci mette alla prova su questo punto: quante cose superflue ci attirano, quante cose provvisorie si presentano come risoluzione o principio di salvezza. Solo Dio salva. E' Dio che viene nella nostra vita.


ISAIA 61, 1-2. 10-11

La prima lettura ? tratta da Isaia; il profeta ci consegna la sua esperienza pi? intima, che ? quella dell'essere pervaso, abitato dallo Spirito del Signore Dio. "Lo Spirito del Signore ? su di me". Questa esperienza trasforma la sua identit?, rendendolo propriet? del Signore, luogo dove Dio si manifesta:"Mi ha consacrato con l'unzione". L'unzione ? un rito antico con cui si consacrano o il re o il sommo sacerdote. Conferisce una missione precisa,"mi ha mandato". Sono descritte sette finalit?, sintetizzate nel primo incarico:"Portare il lieto annuncio ai miseri". Chi sono i miseri? Tutte le persone prive di potere politico, di prestigio sociale, di risorse materiali, e che hanno invece come unico sostegno il Signore, l'abbandono fiducioso a lui.

Il lieto annuncio riguarda una comunit? che come unico bene ha il Signore e che sperimenta le dolorose ferite della sua storia, "cuori spezzati". Di fatto la missione del profeta ? quella di aiutare il popolo a ritrovare la sua identit?, la sua libert?, senza lasciarsi schiacciare dall'oppressione, dalla frustrazione profonda. Dio non si ? dimenticato di loro, ma neppure di noi, oggi, in particolare di chi di lui si fida. L'anno di grazia era l'anno giubilare: ogni 50 anni si azzeravano i debiti e i crediti, lo schiavo tornava in libert?, un terreno ritornava di propriet? a chi era stato costretto a venderlo per necessit?. Il lieto annunzio che il profeta porta ? paragonabile ad un giubileo straordinario, in cui la terra intera torna al suo creatore, a Colui che dona la vita con generosit?. Questa terra produce frutti speciali, preziosissimi: la giustizia, che ? il corretto rapporto con il Signore e con il prossimo, e la lode, il ringraziamento. E' un tempo di gioia piena, di esultanza incontenibile, perch? ? finito il tempo della desolazione e dell'afflizione.

I versetti 10-11 ci mettono di fronte alla coscienza del profeta e ai suoi sentimenti di fronte al compito ricevuto. Non solo timore per la grandezza del compito, n? solo entusiasmo per essere investiti di una particolare dignit?, ma innanzitutto gioia perch? il Signore ha reso possibile la sua opera attraverso la vita del profeta. La ricorrente immagine biblica della terra che produce germogli, ci consente di entrare nell'animo umile del profeta chiamato: non ? lo sforzo del contadino che far? fruttificare il giardino, ma ? solo Dio che sa far crescere tutte le cose che potr? stabilire la sua giustizia.

Il vero profeta ? colui che attira lo sguardo su ci? che Dio sta compiendo giorno dopo giorno, nella pazienza di chi sa che per far crescere tutte le cose ci vuole tempo.


GIOVANNI 1, 6-8. 19-28

Siamo alla terza domenica di avvento. L'intento che ci eravamo prefissi era di vivere in verit? il Natale, attendendo non la nascita di Ges?, che ? gi? avvenuta 2000 anni fa, ma Dio che viene nella nostra vita. Occorre accoglierlo, perch? Dio non ha un prima e un dopo. Dio ? venuto tramite Ges? e ora noi, oggi dobbiamo, per essere felici, portare avanti nel nostro corpo questa incarnazione. Abbiamo gi? detto che normalmente siamo noi il centro dei nostri interessi. Tutt'al pi? aspettiamo qualcuno, qualche situazione, che secondo il nostro modo di vedere ci dovrebbe far star meglio. Parlando di Ges?, crediamo di sapere tutto e normalmente ci annoia. Ma in realt? non ? un sapere razionale, ma un'esperienza da fare. C'? stata nella vostra vita, un'esperienza in cui vi siete resi conto che non eravate voi in prima persona ad agire e vi siete stupiti di come avete agito? Da dove proveniva quella energia, che vi animava? Ecco, penso che occorra partire da questa esperienza e far s? che non sia solo un episodio ma poco per volta deve essere la consapevolezza di ogni attimo di vita.

Il brano del vangelo che si legger? oggi ? secondo Giovanni, l'evangelista, parla di Giovanni il Battista: non ne fa una biografia, ma ci? che gli interessa ? la sua testimonianza resa a Ges?. Tutta l'identit? del Battista ? raccolta nel suo essere testimone. E' "inviato da Dio" ed ? testimone. "Non ? la luce" ma il testimone della luce. E' la rivelazione divina che raggiunge l'umanit? e la illumina. Il testimone orienta verso la luce, non verso di s?. Egli era una LAMPADA che arde e risplende. (Gv.5,33).

Segue un interrogatorio da parte di una delegazione inviata da Gerusalemme di sacerdoti e leviti. Sembra un processo con domande incalzanti:"Tu chi sei?""Cosa dici di te stesso?""Perch? battezzi?". La testimonianza del Battista ? un atto pubblico:"Egli confess?, non neg? e confess?""Io sono VOCE", la stessa "voce" di Isaia, che gridava nel deserto per preparare le vie al Signore. La Parola ? il Figlio di Dio, la Parola del Padre; prima della parola esce la voce. Attraverso la sua vita, la Parola di Dio si fa udire agli uomini. Oggi, anche noi dobbiamo essere voce per far udire agli uomini di oggi, la Parola del Padre. Giovanni il Battista ? l'AMICO dello SPOSO. Cerchiamo di capire cosa vuol dire. Il matrimonio, cio? le nozze avvenivano cos?: lo sposo portava la sposa in un baldacchino preparato, tirava la tenda e gli amici dell'infanzia, i due amici pi? intimi, che aveva lo sposo erano testimoni del grido dello sposo, che indicava che la ragazza era vergine. Questi due amici andavano nella sala del banchetto nuziale e comunicavano "lo sposo ha gridato". Questo per dire l'intimit? di questi amici. Come gi? domenica scorsa nel vangelo secondo Marco, anche qui si fa notare che Giovanni il Battista dice: "Non sono degno di SLEGARE I LACCI DEI SUOI SANDALI. Se andate a leggere il libro di Ruth 4,1-11 vi renderete conto che "sciogliere", slegare significa "portare via"..cosa? La sposa, in che senso? Se una donna rimaneva vedova, spettava in moglie al fratello o al parente pi? prossimo del marito defunto. Se questi la rifiutava gli veniva sciolto il sandalo per dimostrare in modo visibile che perdeva il diritto su questa sposa. Tornando a Giovanni il Battista lui dice:"Io non sono degno di sciogliere il laccio dei calzari di Ges?". Chi ? la sposa? L'umanit?. Dato che gli uomini ritennero che Giovanni fosse il Cristo, lui lo nega e afferma che non ? lui lo sposo dell'umanit?.

Quindi qui c'? una bellissima scoperta del Messia che arriva per le nozze, il Battista ne ? felice, sono finiti il dolore e l'infedelt?. Il rapporto del Messia con l'umanit? ? descritto come un rapporto d'amore che d? gioia.Il Battista sta preparando la sposa. Ai sacerdoti di Gerusalemme dice "voi non lo conoscete" questo Messia, questo sposo che ama la sua sposa. Tradizionalmente la sposa ? la comunit? di Israele, ma ? allargato a tutta l'umanit?. Forse anche noi non lo conosciamo, pensiamo di conoscerlo, perch? abbiamo delle idee su di lui, ci hanno detto delle cose, ma noi direttamente, non lo conosciamo. Occorre avere l'audacia di riconoscere nell'uomo di Nazareth il Cristo atteso. Se lo riconosciamo realmente cambia la nostra vita quotidiana: ci si fida, si ha fiducia nell'uomo, si riconosce l'amore in ogni uomo. Occorre esperimentare la sua presenza, in mezzo a noi, in noi. Giovanni grida nel deserto affettivo e morale di persone che non riescono a obbedire a tutti i comandamenti della loro religione, ma sottolinea che non ? lui a salvare.


Miei cari, ricordiamoci: siamo AMICI INTIMI DELLO SPOSO, siamo VOCE, siamo testimoni.

Nessuno pu? illudersi di prendere il posto di Ges?. A ognuno di noi spetta il ruolo di Giovanni il Battista: riconoscere con semplicit? di essere dei testimpni, umili e felici, disponibili e pronti, per permettere a Ges? di essere ancora presente oggi sulle nostre vie.