Omelia (19-11-2017) |
padre Ermes Ronchi |
Un Dio che ci chiama a non rimanere mai immobili Il Vangelo ? pieno di una teologia semplice, la teologia del seme, del lievito, di inizi che devono fiorire. A noi tocca il lavoro paziente e intelligente di chi ha cura dei germogli e dei talenti. Dio ? la primavera del cosmo, a noi il compito di esserne l'estate feconda di frutti. Come sovente nelle parabole, un padrone, che ? Dio, consegna qualcosa, affida un compito, ed esce di scena. Ci consegna il mondo, con poche istruzioni per l'uso, e tanta libert?. Una sola regola fondamentale, quella data ad Adamo: coltiva e custodisci, ama e moltiplica la vita. La parabola dei talenti ? l'esortazione pressante ad avere pi? paura di restare inerti e immobili, come il terzo servo, che di sbagliare (Evangelii gaudium 49); la paura ci rende perdenti nella vita: quante volte abbiamo rinunciato a vincere solo per il timore di finire sconfitti! La pedagogia del Vangelo ci accompagna invece a compiere tre passi fondamentali per l'umana crescita: non avere paura, non fare paura, liberare dalla paura. Soprattutto da quella che ? la madre di tutte le paure, cio? la paura di Dio. Se leggiamo con attenzione il seguito della parabola, scopriamo che ci viene rivelato che Dio non ? esattore delle tasse, un contabile che rivuole indietro i suoi talenti con gli interessi. Dice infatti: ?Sei stato fedele nel poco, ti dar? autorit? su molto?. Ci? che i servi hanno realizzato non solo rimane a loro, ma in pi? viene moltiplicato. I servi vanno per restituire, e Dio rilancia: e questo accrescimento, questo incremento di vita ? esattamente la bella notizia. Questa spirale d'amore che si espande ? l'energia segreta di tutto ci? che vive, e che ha la sua sorgente nel cuore buono di Dio. Tutto ci ? dato come addizione di vita. Nessuna tirannia, nessun capitalismo della quantit?: infatti colui che consegna dieci talenti non ? pi? bravo di quello che ne riporta quattro. Non c'? una cifra ideale da raggiungere: c'? da camminare con fedelt? a te stesso, a ci? che hai ricevuto, a ci? che sai fare, l? dove la vita ti ha messo, fedele alla tua verit?, senza maschere e paure. Le bilance di Dio non sono quantitative, ma qualitative. Dietro l'immagine dei talenti con ci sono soltanto i doni di intelligenza, di cuore, di carattere, le mie capacit?. C'? madre terra, e tutte le creature messe sulla mia strada sono un dono del cielo per me. Ognuno ? talento di Dio per gli altri. Magnifica suona la nuova formula del matrimonio: ?Io accolgo te, come mio talento, come il regalo pi? bello che Dio mi ha fatto?. Lo pu? dire lo sposo alla sposa, l'amico all'amico: Sei tu il mio talento! E il mio impegno sar? prendermi cura di te, aiutarti a fiorire nel tempo e nell'eterno. ?L'essenza dell'amore non ? in ci? che ? comune, ? nel costringere l'altro a diventare qualcosa, a diventare infinitamente tanto, a diventare il meglio di ci? che pu? diventare? (R.M. Rilke) |