| Omelia (13-11-2016) |
| Missionari della Via |
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Ci troviamo nel Tempio. I discepoli ne ammirano estasiati la bellezza. Gesù guarda più lontano e non preannuncia solo la fine del tempio, ma di tutto, poiché tutto ha un inizio e una fine. I discepoli sono un po' sconcertati: ma perché deve finire così? Quando accadrà? Gesù non soddisfa questi pruriti di curiosità: «Chi è in ansia per il futuro è rimandato a vivere il presente con vigilanza e responsabilità. Il giudizio finale non è altro che ciò che viviamo nel presente: qui e ora siamo chiamati a testimoniare l'amore del Padre verso i fratelli, a far la sua volontà con giudizio» (S. Fausti). Dunque Gesù per prima cosa ci mette in guardia: non bisogna farsi ingannare: quanti hanno annunziato e annunziano presunte date per la fine del mondo, "addomesticando" persino la parola di Dio; quanti "santoni" si professano i "nuovi salvatori" e quante persone ci cascano purtroppo! Quando sentite parlare di guerre e battaglie non disperatevi: questa non è ancora la fine. Come a dire: quando incontri momenti dolorosi, ricordati che non è quella la fine, ma è una strada, un percorso.E quando persino i tuoi parenti e amici ti tratteranno male a causa mia, dice il Signore, o quando ti consegneranno ingiustamente ai tribunali, sappi che quella non è la tua distruzione, ma è un'occasione! Sì, è un'occasione per testimoniare il Vangelo e la forza del suo amore, per essere unito a Cristo nella persecuzione, con Lui che per primo è stato perseguitato, consegnato e ingiustamente condannato! Da questo testo prendiamo dunque una chiave di lettura fondamentale: tutte queste sofferenze sono occasioni per dare testimonianza! Noi spesso preferiamo una fede da salotto, da tazza di caffè coi biscottini: credo finché mi va, finché "mi gusta", finché non mi comporta problemi; Gesù ci ricorda, invece, che la nostra fede non ci mette al sicuro dai problemi, ma ci permette di affrontarli insieme con Lui. Che bello pensare in quel momento di dolore che quella non è la fine, ma è una nuova occasione che il Signore mi dà per crescere e maturare: allora un terremoto inatteso in famiglia può essere occasione di amare, un tradimento può essere una chiamata al perdono, un tribunale che mi accusa ingiustamente un'occasione per portare anche lì la mia testimonianza di fede. Sarete uccisi, dice infine Gesù, ma neanche un capello va perduto. Per esempio, per essere fedele al Vangelo posso soffrire persecuzione al lavoro, non cedendo ai compromessi, o soffrire ingiurie da parte dei miei conoscenti, ma questo "perdere la vita" fa di me un uomo salvo, redento. In tutte queste situazioni, il Signore ci esorta alla fiducia, Lui è sempre con noi! Tutto sta nel perseverare, che in greco indica il sollevare e mantenere i pesi, dunque nel saper stare nelle situazioni senza fuggire, con la certezza che Dio mi sta conducendo da qualche parte, verso qualcosa di più grande, di molto oltre l'apparenza di questo momento. «Dunque la vita va rispettata, ma non mantenuta con accanimento. Tanto la perderei comunque! Solo chi la sa dare per amore, la ritrova! Va vissuta in pienezza, e proprio alla fine raggiunge il suo fine: la comunione e l'incontro con il Signore [...] Gesù col suo discorso vuol toglierci la paura, madre di ogni inganno. Non ci attende una catastrofe, ma la più bella prospettiva alla quale il cuore possa aprirsi: la storia, consegnata alla libertà dell'uomo, va incontro al Signore della vita. Coraggio allora: posso anche morire, perdere "la faccia", perdere la mia vita, ma non c'è capello che non sia redento! |