Omelia (25-09-2016)
Missionari della Via


Continua lo splendido insegnamento di Gesù sull'uso dei beni, che Luca ci propone nel capitolo 16 del Vangelo.

Oggi il nostro Maestro ci propone una parabola, dove incontriamo due personaggi: un uomo ricco, di cui non è nemmeno ricordato il nome, e Lazzaro, il povero malato, il cui nome significa "Dio aiuta". È una parabola composta da due scene: nella prima troviamo il ricco immerso nei piaceri, unicamente preoccupato di soddisfare i suoi bisogni, mentre Lazzaro è bisognoso di tutto, nella miseria più nera! Nella seconda scena invece, l'epilogo è all'esatto opposto: il ricco è solo, nei tormenti, che invoca inutilmente aiuto per sé e per i fratelli; il povero è beato nei cieli con il "padre" Abramo. Qual è il problema? Il semplice fatto che uno aveva dei beni e l'altro no?, e per questo Dio avrebbe applicato una sorta di "pena del contrappasso"? No, c'è molto di più. Non è un problema di beni, ma di scelte di vita. Nella prima scena, il ricco, solitario, vive nell'egoismo: pensa solo a sé, mangiando avidamente, vestendo lussuosamente, indifferente circa la presenza del povero alla sua porta di casa. Anche Lazzaro nella prima scena è solo; ma lo è perché non trova nessuno che sia disposto ad aiutarlo. Egli giace debole e ammalato, senza riuscire a muoversi, incapace persino di scacciare i cani randagi che gli danno fastidio. Un povero che aspetta alla porta di un ricco in oriente non era una scena rara. Nel palazzo si banchetta: il ricco adopera le molliche di pane per pulirsi le mani unte di grasso (era l'uso) e poi le lascia cadere sotto la tavola. Il povero Lazzaro si sarebbe accontentato di quelle molliche. Tuttavia, nessuno si accorge di Lui (Bruno Maggioni).

Entrambi muoiono, ma l'esito è differente. Di Lazzaro è detto che venne portato nel seno di Abramo, padre nella fede, come a dire che viene immerso in Dio, nel suo amore; del ricco è detto che "fu sepolto", finendo nuovamente solo, ma stavolta tra atroci tormenti. Le scelte di vita di entrambi, hanno determinato l'esito finale del giudizio divino. Il ricco cerca di pregare il padre Abramo che Lazzaro lo aiuti, ma la cosa è ormai impossibile: tra i due c'è un limite invalicabile. È cioè finito il tempo delle decisioni; il ricco ha già avuto un'intera vita a disposizione per ravvedersi, per accorgersi di quel povero che poteva essere "la sua chiave del paradiso", trovando l'antidoto alla propria cupidigia. Poi il ricco invoca aiuto per i suoi fratelli, che vivono anch'essi all'insegna dell'egoismo; ma la risposta di Abramo è: se vogliono cambiare, hanno già la legge e i profeti. Sì, se vogliono veramente aprirsi a Dio per scoprire la Sua volontà e compierla, basta che leggano le Scritture, che testimoniano e permettono di fare esperienza del Signore; e se vogliono aprirsi alla carità, ne hanno tanti di poveri vicino a loro! Ma è proprio il loro vivere da ricchi che li rende ciechi di fronte al povero (eppure così vicino) e di fronte alle Scritture (eppure così chiare). Il ricco non osteggia Dio e non opprime il povero, semplicemente non li vede.

È questo il grave pericolo della ricchezza, ed è questa, forse, la principale lezione della parabola. Il vivere da ricchi, rende ciechi. Il vivere da poveri, uniti a Dio e distaccati dai beni, rende vedenti, capaci di riconoscere nell'altro un fratello da amare! Che il Signore ci aiuti a non vivere da ricchi, indifferenti alla presenza accanto a noi di persone bisognose che soffrono, ma piuttosto a saperlo riconoscere in loro, sapendo che i poveri e i sofferenti sono la sua carne e che un giorno saremo giudicati sull'amore, su quanto cioè la nostra vita sarà stata conforme a quella di Gesù!