Omelia (21-11-2004)
Casa di Preghiera San Biagio FMA


Dalla Parola del giorno
Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto.

Come vivere questa Parola?
Al termine dell'anno liturgico la Chiesa ci fa contemplare l'esaltazione di Gesù quale re dell'universo. E lo fa indicandoci il Crocifisso. La nostra reazione istintiva sarebbe quella di dissociare le due realtà. La croce è segno di sconfitta, come può coniugarsi con la manifestazione della signoria di Cristo? Eppure Gesù stesso, nel vangelo di Giovanni, indica nell'ora della croce quella della sua glorificazione. Da questo insolito trono egli eserciterà d'ora in poi la sua signoria regale: "Quando sarò elevato, trarrò tutti a me". Gli uomini da sempre hanno cercato di dare un volto a Dio. Lo hanno dipinto potente, spesso tremendamente forte. Hanno cercato di cattivarselo ricorrendo a tutti i mezzi, anche ai sacrifici umani. Ma mai e poi mai avrebbero concepito un Dio-Amore, un Dio così pazzamente innamorato dell'uomo da giungere fino alla follia della croce. No, un Dio così è assurdo diranno i pagani, è scandaloso ribatteranno i Giudei. E noi, oggi, dopo duemila anni di cristianesimo, non ci cogliamo forse un po' sconcertati dinanzi all'impotenza del Crocifisso? Eppure nulla è più eloquente della sua croce, di questo spogliamento di Dio. L'abisso più profondo che ci separa da Lui non è quello della creaturalità, ma quello del non-amore. E la croce è venuta a colmarlo, facendoci contemplare l'Amore, anzi consegnandocelo perché ritrovassimo la nostra somiglianza con Lui.

Oggi, nel mio rientro al cuore, sosterò in silenziosa contemplazione del Crocifisso. Lascerò che mi parli proprio con la sua impotenza, che è mistero: forza travolgente di amore. E lentamente pregherò:

Mio re, mio Unico, mio Tutto. Dio, il cui volto è Amore, salvami con l'inerme onnipotenza della croce dal non-amore che tende sempre a risorgere e a sommergermi. Colma tu l'abisso perché mi perda in te, pienezza del mio essere.

La voce di un Padre della Chiesa
Se senti qualcuno che ti dice: «Adori quel crocifisso?», non vergognartene, non abbassare gli occhi, ma piuttosto gloriatene e vantatene: con occhio sereno, a fronte alta confessalo apertamente. Se ti chiedesse ancora: «Adori quel crocifisso?», tu rispondigli: «Sì, per mezzo della croce egli ha chiuso la bocca ai demoni e ne ha annientato i mille sortilegi». Per noi la croce è opera di ineffabile misericordia, simbolo di molta provvidenza.
Giovanni Crisostomo