Omelia (07-08-2016)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Sap 18,6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48

L'ufficio delle letture di questa 19a domenica del tempo ordinario offre alla nostra meditazione un brano del libro della Sapienza, un brano della lettera agli ebrei, e un brano del Vangelo di Luca.

Il libro della Sapienza è dominato dal fascio luminoso che porta il popolo di Israele alla liberazione e lo guida durante tutto il suo cammino nel deserto.

Il brano della lettera agli ebrei ci dice che speranza e fede si intrecciano permettendoci di vedere l'invisibile.

Il Vangelo è dominato dalla notte di attesa per la venuta del Signore che arriverà certamente di notte ma di cui non conosciamo il giorno e l'ora.

Quando questo avverrà non è noto, bisogna credere e attendere che questo straordinario evento si compia nel tempo e non oggi o domani, ma nel tempo che Dio reputa il più propizio.


Nella interpretazione sapienziale dei fatti dell'esodo viene messo in risalto l'intervento di Dio che agisce come incontrastato protagonista, nel procacciare la libertà del suo popolo dal faraone d'Egitto che lo teneva schiavo facendogli fabbricare mattoni.

La "colonna di fuoco", il fascio luminoso fa da guida durante il viaggio lungo le insicure piste del deserto e non permette agli inseguitori di poter vedere a che distanza essi siano.

Persino il sole bruciante che ne domina il clima sembra essere innocuo. Quando si migra verso la libertà ogni sacrificio e ogni privazione si trasforma in un viaggio glorioso e gioioso.

In questo brano la potenza di Dio è vissuta come forza di salvezza per chi crede in lui, ma come punizione terribile per coloro che tentano di ostacolare il progetto di Dio. Dio non può essere ostacolato impunemente, può solo essere adorato e glorificato.

Le imprese di liberazione, di norma, si svolgono in tempi lunghi, speso hanno anche costi umani spaventosi e ne devono far parte deboli e oppressi, ossia persone che rivendicano il diritto di esistere come figli di Dio anche se non lo sanno.


In questo Salmo il salmista volge il suo sguardo alla contemplazione di Dio, il quale dal cielo, ove sta la sua dimora e il suo trono, veglia su tutti quanti hanno timore di offenderlo, su chi spera nella sua grazia. Beato il popolo che accetta di essere scelto dal Signore. Su questa fraseologia devota Israele fonda il suo articolo di fede, sperimentato e vissuto su tutta la Bibbia. Su questa fraseologia la liturgia odierna sprona noi per fare altrettanto.


L'undicesimo capitolo della lettera agli Ebrei nel 1° e 2° v. dopo aver definito la fede come: " fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede", l'autore la tesse con la speranza facendone una magnifica tela. In essa vi è ricamato colui che crede come uno che realmente vede l'invisibile e possiede già ciò che ancora non ha ma che gli è stato promesso, scommette sull'impossibile e abita nell'insicurezza.

Abramo, il cavaliere della fede, come è stato definito nell'ottocento, tanto caro agli Ebrei, è presentato come colui che obbedendo a un tassativo ordine di Dio, si avventura in un interminabile pellegrinaggio verso la terra promessa che percorre in tutta la sua lunghezza senza mai possedere. Come Abramo anche gli altri patriarchi hanno custodito la medesima fede nonostante una esistenza da nomadi evidentemente la fede, stando all'oggi, sta meglio sotto la tenda che all'interno delle camere dei palazzi. questo brano sembra voler suggerire che la fede è appannaggio di chi in terra è privo di una dimora stabile e vive come chi ne è privo.

Tutti i patriarchi non si sono sentiti né depositari né guardiani dei pensieri di Adonai ma solo toccati dalle sue promesse. Per questo nell'accampamento, sotto le tende si limitavano a raccontare le sue mirabilia.


Il brano del Vangelo di Luca, che leggiamo nel corso dell'odierna liturgia, ci parla di una attesa notturna per la venuta dell'Adonai da parte del "piccolo gregge". "Piccolo gregge", umanamente parlando, certamente, perché composto da persone incolte e senza alcun potere, ma allo stesso tempo forte, a causa della protezione del Padre celeste, il quale è da considerarsi la sua sola ricchezza valida, che non intralcia il suo cammino e allo stesso tempo non viene mai a mancare, perché più ne dai e più cresce.

La vigilanza notturna è sostenuta dalla speranza e comporta la consapevolezza dei pericoli che ci minacciano: c'è in circolazione un ladre rapace, oltre alle tante seduzioni del mondo che distraggono dall'impegno principale di tendere verso l'eterno. Bisogna essere vigili perché il Signore ritornerà senza alcun preavviso, chiederà conto del comportamento di ciascuno proporzionalmente a quanto gli fu a suo tempo dato: "A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto".


Revisione di vita

- Il nostro cuore riposa in Dio o è affaticato a causa della crisi che sta sconvolgendo questo inizio di secolo?

- Poiché il Figlio dell'uomo giunge sempre nell'ora che non immaginiamo siamo pronti ad
accettare la sua misericordia?

- Siamo servi accorti nei riguardi della nostra famiglia e del nostro prossimo oppure siamo
insuperabili egoisti?


Marinella ed Efisio Murgia di Cagliari