| Omelia (12-12-2004) |
| padre Paul Devreux |
|
Giovanni è in carcere. Per Gesù, sapere che Giovanni è stato arrestato, è molto importante, perché gli fa capire che anche lui rischia la stessa cosa. Giovanni, dal canto suo, cerca di avere notizie sull'operato di Gesù, e rimane perplesso perché Gesù non si sta comportando da giustiziere, come s'era immaginato. Io, nei suoi panni, spero che Gesù faccia qualcosa anche per liberarmi dal carcere, che "Egli venga a salvarmi". Leggiamo nel vangelo che decide di farlo interrogare direttamente dai suoi discepoli. Questo è molto bello, perché significa che non vuole arrivare ad una conclusione semplicemente basandosi sulle dicerie della gente. Stima Gesù, e sa che gli darà una risposta onesta ed esauriente. Gesù capisce l'ansia di Giovanni e tiene a rassicurarlo. La risposta che gli manda, tradotta nel nostro linguaggio, dice così: "Non temere, guarda i segni che faccio e vedrai che corrispondono ai segni preannunciati dai profeti riguardo al messia, ma io non opero come tu pensavi che avrei fatto. Io faccio una cosa del tutto nuova, che non potevi prevedere. Pertanto non ti scandalizzare di me ma fidati. So quello che faccio". Per Giovanni questa risposta sarà stata molto consolante, ed è anche consolante per lui sentirsi raccontare quello che Gesù dice di lui alla gente. E' un grosso aiuto per sopportare il carcere. Questo discorso Gesù lo fa anche a tutti noi, ogni volta che veniamo assaliti dai dubbi e dall'incertezza; ogni volta che anche io mi scandalizzo di lui per il suo modo di agire nella mia vita, in quella della Chiesa e nel mondo. Beato me se non mi scandalizzo di lui, se non perdo la fede e riesco a vedere la sua fedeltà all'uomo, alla Chiesa e ad ogni singolo povero di questo mondo; me compreso. |