Omelia (12-12-2004)
don Marco Pratesi
Grandi o piccoli?

I discepoli di Giovanni sono ripartiti per portare la risposta al loro maestro, e Gesù si rivolge ai presenti e pronunzia un elogio del Battista.
Voi, dice, siete stati impressionati dal Battista, siete accorsi in tanti da lui, e giustamente. Perché non è una canna sbattuta dal vento, uno che non ha una linea e una sua identità. Non dipende dall'acclamazione o dal rifiuto degli altri, nemmeno dei potenti (e proprio per questo si trova in prigione, dove morirà). Giovanni non è neanche un uomo avvolto in morbide vesti, come coloro che stavano nei palazzi dei re, uno che fa vita comoda, che pensa al proprio benessere.
Egli ha messo con decisione e radicalità la sua vita a servizio della sua missione, ha assunto risolutamente come propria identità quella che Dio gli dava.
Quale? Quella di essere profeta, un uomo che dice la verità – e solamente la verità – in nome di Dio stesso. Una verità anche dura ed esigente: domenica scorsa abbiamo risentito il suo annunzio così incisivo.
La sua identità anzi va oltre: egli è più che un profeta, è colui che prepara immediatamente la venuta del Salvatore e lo indica infine presente nel mondo in Gesù di Nazareth. Conclude così l'opera dei profeti: è l'angelo di Dio, il suo messaggero.
Grandissimo uomo, dunque. Tra gli uomini nessuno è più grande di lui. Per questa sua grandezza molti si erano domandati se non fosse proprio lui il Messia. Gesù aggiunge però un finale a sorpresa: "Ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui". Cosa?!?
Qui "Regno dei cieli" non è da intendersi come "il paradiso", ma come la nuova prospettiva evangelica, nella quale già subito si può e si deve entrare. In sostanza: "il più piccolo tra coloro che accolgono me e il mio vangelo è più grande di lui"! È importante questo.
Anche noi siamo ammirati dall'austerità di Giovanni, la sua concentrazione e determinazione, la sua radicalità. Ma il Vangelo è un tesoro ancora superiore! Quanto l'uomo ammira e ritiene grande è meno di quello che dona il Signore. Noi rinati come figli adottivi di Dio dal fonte battesimale siamo elevati a una familiarità con Dio superiore a quella che nella vita terrena ha potuto gustare Giovanni. Sul Vangelo si misura la vera grandezza di ogni uomo.
Il ruolo di Giovanni e di tutte le persone eminenti nella fede non è quello di suscitare ammirazione o di costituire un proprio fan club, ma di condurre al Regno. Essi sono testimoni, necessari e voluti da Dio, ma non più che testimoni.
È più importante entrare nel Regno di Dio che ammirare Giovanni, e con lui tutte le persone che ci lasciano ammirati per la loro fede.
Questo vale anche per ogni uomo che sia umanamente e spiritualmente grande, ma senza Vangelo: il più piccolo discepolo di Gesù gli è superiore. Non tanto per quanto ha di suo, quanto piuttosto per quello che porta dentro di sé, quel seme che è stato seminato dentro di lui.
In concreto, dunque, accogliamo la testimonianza di Giovanni, e con lui di tutte le persone che lottano autenticamente a servizio della verità e della giustizia. Ma al tempo stesso riprendiamo coscienza della grandezza del dono che ci è fatto: Gesù e il suo Vangelo sono per noi qui e oggi il Regno di Dio già iniziato, presente e offerto, a portata di mano.
Lo grida il Battista, lo grida la liturgia odierna: "Il Signore è vicino"! Fatto piccolo e accolto dai piccoli, li colloca al di sopra di ogni umana grandezza, perché "chi si vanta si vanti nel Signore".

All'offertorio:
Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio ci apra il Regno di Dio, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

Al Padre Nostro:
Animati da fiducia di figli, chiediamo al Padre che venga il suo Regno: