| Omelia (14-11-2004) |
| Paolo Curtaz |
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Noi, la Chiesa per il Piemonte e la Valle d'Aosta Solennità della Chiesa locale tra le altre: Is 56,1.6-7/1Pt 2,4-9/Gv 4,91-24 Oggi le nostre comunità celebrano la Solennità della Chiesa locale. Siamo abituati a pensare alla Chiesa come ad una organizzazione religiosa sparsa nel mondo, più o meno capitanata dal Vescovo di Roma. Ci sfugge, purtroppo, la realtà teologica complessiva della Chiesa, ampia ed articolata, bella e feconda. L'annuncio del Vangelo La missione di annunciare il Vangelo a tutte le genti è stata affidata dal maestro Gesù al gruppo dei Dodici apostoli, e il gruppo dei Dodici, nel proprio insieme, si è preso la briga di costruire comunità là dove vivevano. Come raccontato da Luca negli Atti, una volta annunciato il Vangelo e costituita una comunità di fratelli, ad uno di loro, il presbitero, l'episcopo, era affidata la custodia della fede della neonata comunità. Questo era il primo embrione della Chiesa come oggi la conosciamo: un gruppo di discepoli radunati intorno alla Parola e all'Eucarestia e suddivisa in ministeri, cioè in compiti a servizio della comunione, tra cui quello della custodia, affidata ad un pastore. Oggi questa realtà è complessa: migliaia di comunità cristiane sono sparse nel mondo, radunate intorno ad un Vescovo, successore degli apostoli. La comunione tra le comunità e la certezza di condividere la stessa fede sono garantite dalla comunione col successore di Pietro, Vescovo di Roma. Intorno al medioevo, l'espansione del cristianesimo in occidente spinse i Vescovi ad operare delle scelte di presenza sul territorio: nacquero le Parrocchie, presiedute da presbiteri mandati a rappresentare il Vescovo. Diversità e comunione Con la festa di oggi, quindi, celebriamo due realtà: la prima è la realtà della Chiesa nel suo farsi locale, nel suo divenire storico. Troppi cristiani, ancora, non avvertono l'importanza dell'appartenere ad una comunità Diocesana, radunata intorno ad un Vescovo. Là dove c'è una comunità, la Parola e un Vescovo in comunione con le altre Chiese, là ho la possibilità di vivere interamente l'esperienza di Chiesa. Non ho bisogno di andare alla Mecca per essere fedele d.o.c., qui e ora posso sperimentare interamente la bellezza della Chiesa. Di più: la diversità è essenziale alla Chiesa, spesso descritta come un monolite senza crepe. No: io sono fiero di appartenere alla Chiesa di Aosta, ne conosco la storia, ne amo i santi, ne conservo le tradizioni. L'incontro tra cristiani è sempre incontro tra sensibilità e stili di vita differenti. Guai a dimenticarselo! Il secondo aspetto riguarda la memoria grata di chi, perso nei meandri della storia, per primo ha portato il Vangelo nella nostra terra. Così come possiamo fare memoria e dire una preghiera per chi per primo ha annunciato a me la Parola. Il Vangelo si trasmette per contagio, non c'è altra possibilità. Questa catena che dal Cristo è arrivata a me, devo e posso continuare fino al raggiungimento del Regno alla fine dei tempi. Il modo povero di dire il Vangelo Quasi sempre, però, il modo concreto che abbiamo di vivere la comunità è la Parrocchia. La partecipazione alla Messa, la catechesi, i funerali, la vita quotidiana, ci portano a vivere il Vangelo in quella porzione in cui abito. E' in crisi la Parrocchia, lo sappiamo. La società è radicalmente cambiata, i riferimenti culturali evoluti (o involuti?) verso il privato non danno spazio ad una appartenenza comunitaria. Numerose Parrocchie devono fare i conti con i problemi della scarsità di preti, o con l'evoluzione della struttura sociale (pensate ai paesini diventati periferia di città, passando da poche centinaia di abitanti a migliaia!). Insomma: una fatica immensa. La Parrocchia "deve" garantire quel minimo di servizi che tutti associano alla presenza della Chiesa (catechismi e Sacramenti), investendo le poche energie a mantenere una elefantiaca struttura, e a soffrirne è proprio la comunità. Paradossalmente, drammaticamente, può esistere una Parrocchia senza comunità. La Parrocchia si riduce, così, ad una inefficiente agenzia di servizi religiosi, senza personale stipendiato e senza entusiasmo... Perciò in questi ultimi decenni sono sorte esperienze nuove: movimenti, associazioni, gruppi, che cercano di supplire alla mancanza di rapporti personali che spesso caratterizza la grande Parrocchia. Permettetemi, da parroco, di spezzare una lancia a favore di quel modo povero di dire il Vangelo che è la Parrocchia. Come la fontana del villaggio (immagine del compianto Papa Giovanni), chiunque può accedervi, senza selezioni, senza particolari qualità. La Parrocchia diventa il gradino più basso della scala verso la conoscenza del Vangelo, la soglia che unisce il Regno al mondo, portatrice di tutte le contraddizioni e le povertà del mondo, portatrice della novità del Vangelo. Amiamo la Parrocchia, tiriamoci su le maniche per creare veri luoghi di interiorità e di dialogo all'interno della struttura, cambiamola dal di dentro, fecondandola con la nostra preghiera e la nostra disponibilità. Una piccola comunità orante a servizio dei tanti che passano nelle nostre Chiese, tutti accesi da un barlume di fede che possiamo e dobbiamo far divampare come un fuoco. Utopia? Gesù è partito da meno... |