| Omelia (14-11-2004) |
| Paolo Curtaz |
|
Non vi terrorizzate Nella sezione apocalittica dei Vangeli, in questo caso del Vangelo di Luca, troviamo un riferimento inquietante alla storia. Luca, avete sentito, parla di eventi catastrofici, legati probabilmente all'assedio di Gerusalemme e alla distruzione del Tempio avvenuta nel 70dC ad opera dell'esercito romano, infastidito dall'ennesima rivolta degli ebrei, e certamente vissuta come un dramma dalle prime comunità cristiane cui Luca si rivolge. Il tono, però, è rassicurante: Gesù dice che no, non è il caso di spaventarsi; malgrado gli eventi catastrofici, malgrado la paura, i discepoli sono chiamati a leggere nelle catastrofi l'opportunità di rendere testimonianza, di svelare un modo altro di vivere la storia. Tasto dolentissimo, questo, l'impressione (che spero errata) che ho nel vedere il nostro atteggiamento nei confronti della storia è non solo un'inquietante uniformità alla logica mondana ma, spesso, un giudizio ancora più pessimista degli eventi. Succede che il cristianesimo abbia giudicato con pessimismo l'uomo e la storia, come una massa di eventi e di persone incapaci di riconoscere l'opera di Dio e di convertirsi e, perciò, destinati al fallimento. Non di rado, poi, questa visione negativa della storia ha prodotto uno scollamento tra la vita e la fede, disinteressandosi del presente, tutti concentrati sull'al di là. Gesù dice diversamente: la storia è il luogo in cui Dio realizza il suo progetto, è – perciò – luogo benedetto e da salvare. Il discepolo sa che la storia va letta in una prospettiva di fede, di pienezza che trascende le nostre fatiche e le nostre delusioni, e vuole comunque portare il seme della novità del Vangelo nel proprio vissuto. Non ci terrorizziamo, allora, quando vediamo eventi catastrofici, la violenza dilagante, ma costruiamo spazi di Regno là dove viviamo... |