Omelia (17-10-2004)
don Mario Campisi
L'anima della preghiera

"Basta che preghino! In un modo o nell'altro, non è questo il problema...". L'abbiamo sentita tante volte questa frase, sulla bocca di ecclesiastici e di laici. E, francamente, ci siamo sentiti un po' imbarazzati. A reagire si fa la figura dei soliti "snob" che hanno la ricetta più sofisticata per ogni attività spirituale. Eppure il vangelo di oggi, a modo suo, ci invita a reagire, a non dare per scontato quello che credono i più, o quello che fanno, quando pregano.
Che cosa è la preghiera senza la fede? Solamente un gesto di contrattazione per assicurarsi un appoggio da parte di chi è più potente di noi. O addirittura una specie di scambio, gestito attraverso l'offerta o il rito. In certi casi può essere anche un modo per "mettere le mani su Dio", per fargli fare quello che vogliamo noi, per farlo agire a nostro favore.
Ma è questa la preghiera cristiana? Se parla di fede, Gesù lo fa proprio perché alla base della preghiera c'è una fiducia incondizionata in Dio e nel suo amore, un abbandono a lui, alla sua parola, sicuri di essere in buone mani. Il discepolo, allora, quando chiede - e lo fa con la confidenza e la costanza di un figlio - prende sempre a modello il Padre nostro.
Non comincia rovesciando su Dio i suoi desideri, ma esprimendo la sua disponibilità a realizzare il progetto che Dio ha su questo mondo. Solo dopo aver fatto questo, ha senso domandare anche ciò che è necessario alla nostra vita. Solo se si è disposti a fare la nostra parte, si può poi invocare Dio per ottenere la luce, la forza, il coraggio necessari per la vita di ogni giorno.
Non una preghiera, dunque, che si attende tutto da Dio, ma una disponibilità a fare la sua volontà, anche quando costa.
Non una preghiera che, paradossalmente, aspetta che sia Dio a cambiare e non esprimere un atteggiamento di conversione.
Non una preghiera "comandata" solo dal bisogno, dalla necessità, ma una manifestazione di amore, di lode, di impegno.
Non una preghiera dettata da un atteggiamento rinunciatario di fronte alle sfide quotidiane, ma una sorgente continua di audacia e di fraternità. Non una preghiera per tirare Dio nel proprio campo, ma per scoprire che egli è il Padre di tutti.
In fondo se la preghiera parla un linguaggio, questo è il linguaggio della fede e dell'amore.