Commento su Lc 23,35-43
Oggi celebriamo la regalità di Cristo o, come recita pomposamente la dicitura sul Messale, la Solennità di Gesù Cristo re dell'Universo. Cristo è re, significa dire che Lui avrà l'ultima parola sulla storia, su ogni storia, sulla mia storia personale.
Che strana festa conclude il nostro anno liturgico, che strano vangelo che sembra contraddire la solennità che stiamo celebrando. Un re in croce, ecco chi celebriamo. La chiave di lettura del vangelo di oggi è tutta in quell'inquietante affermazione della folla a Gesù: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso". Frase che Luca fa dire anche ai sacerdoti e ai soldati pagani: tutti concordano nel ritenere un segno di debolezza il dover dipendere dagli altri. Il potente, così come ce lo immaginiamo, è colui che salva se stesso, che può permettersi di pensare solo a sé, ha i mezzi per essere soddisfatto, senza avere bisogno degli altri. Dio è ciò che non possiamo permetterci di essere, il più potente dei potenti, che può tutto, che non ha bisogno di niente e di nessuno, beato lui! Per dimostrare di essere veramente Dio, Gesù deve mostrarsi egoista perché, nel nostro mondo piccino, Dio è il Sommo egoista bastante a se stesso, beato nella sua perfetta solitudine. Dio diventa la proiezione dei nostri più nascosti e inconfessati desideri, è ciò che ammiriamo nell'uomo politico riuscito, ricco e sicuro, allora cerchiamo di sedurlo, di blandirlo, di corromperlo. No, il nostro Dio non salva se stesso, salva noi, salva me. Dio si auto-realizza donandosi, relazionandosi, aprendosi a me, a noi.
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