Omelia (10-10-2004) |
padre Paul Devreux |
Un lebbroso è una persona che, dopo aver fatto una vita normale, si ritrova malato e separato dalla gente sana, per paura del contagio. Oggi, ci sono pochi lebbrosi in Italia, ma di gente che evitiamo per paura di essere contagiati dalle loro situazioni di povertà e d'emarginazione ce ne sono tante. La televisione ce li presenta come i cattivi o i disperati, la Chiesa li chiama i poveri, ma tutti siamo d'accordo tacitamente nel pensare che si tratta degli "altri", e preghiamo affinché il Signore ci consenta di continuare a vivere tranquilli e sereni, lontano dalle miserie di questo mondo. Ma se un giorno capitasse anche a me di ritrovarmi dall'altra parte del muro che separa i sani dai malati, i buoni dai cattivi, i ricchi dai poveri, i desiderati dagli indesiderati, se mi sentissi trattato come un lebbroso, cosa farei? I lebbrosi di cui parla questo vangelo si aiutano vivendo insieme. Sono dieci; numero che simbolicamente rappresenta tutta l'umanità. Vedono in Gesù la possibilità di una guarigione per cui lo pregano, e la cosa funziona. Da un giorno all'altro possono tornare a casa loro. Si ritengono miracolati, salvati, fortunati, ma Gesù la pensa diversamente. Gesù si domanda: "Dove sono?" Questa è una domanda molto grave: "Dove sono?" Sono tornati alla normalità. A cosa è servita la loro esperienza? Solo ad alimentare la paura che possa ricapitare. Cercheranno di dimenticare, ma la paura ci sarà sempre e vivranno in funzione di essa. L'unico che Gesù considera salvato e non solo guarito è il Samaritano che torna lodando Dio e ringraziando il Signore. Gesù gli dice: "Alzati e va; la tua fede ti ha salvato!". Perché? Dicevamo domenica scorsa che la fede è un atteggiamento di fiducia che mi consente di credere che sono in buone mani. Questo lebbroso ha scoperto di essere in buone mani. Ha scoperto la sorgente della vita, e fermandosi a pregare scoprirà che è sempre stato in buone mani, anche quando era lebbroso, e contrariamente agli altri che cercheranno di dimenticare e far dimenticare il loro passato, si farà chiamare da tutti e si presenterà sempre come il lebbroso salvato, perché non potrà fare a meno di raccontare e testimoniare l'amore di Dio che ha scoperto grazie proprio alla sua situazione di disgraziato. Quest'uomo è entrato in comunione con Dio ed è già nella vita eterna, perché era morto ed è stato risuscitato, e lo riconosce lodando Dio e ringraziando il Signore. Anche San Paolo raccontava sempre il suo passato di persecutore e probabilmente San Pietro parlava spesso del suo rinnegamento. Signore grazie per tutte le volte che tu ci fai toccare con mano che tu sei in grado di trasformare il male in bene, la morte in vita, la povertà in ricchezza, la maledizione in benedizione. Fa' che facciamo tesoro di queste esperienze per crescere in un atteggiamento di fiducia e di ringraziamento nei tuoi confronti, che faccia di noi dei salvati. |