Omelia (26-09-2004) |
padre Ermes Ronchi |
Dio nelle piaghe di Lazzaro Dio avrebbe contato a una a una tutte le briciole date a Lazzaro, e tutte le parole, con quello sguardo così amorevole e attento che scruta perfino gli abiti del povero e del ricco: vede il ricco vestito di porpora, guarda l'uomo vestito di piaghe. E guarda come mangia e dove dorme, e guarda i cani sulla porta, e tutto porterà nell'eterno. È a questo Dio fedele e memore che si possono affidare tutti i poveri della terra. E tutti i ricchi. Il ricco è senza nome, perché spesso il denaro diventa come la seconda identità di una persona, domina la sua coscienza, detta le leggi, ispira i pensieri. Il povero invece ha un nome, anzi ha il nome dell'amico di Gesù, Lazzaro. Luca non usa mai nomi propri nelle parabole, solo qui fa un'eccezione: quel nome evoca Betania e la casa dell'amicizia, e ci assicura che se quel mendicante piagato porta il nome di Lazzaro, ogni povero deve avere, per Lui, per me, un nome d'amico; che "amico" è anche il nome di Dio per i poveri. In che cosa consiste il peccato del ricco? Nella cultura del piacere? Nell'amore per il lusso? Negli eccessi della gola? No. Il suo peccato è non aver dato: non un gesto, non una briciola, non una parola, al mendicante, lasciato solo con i cani. Il suo peccato è la pigra e soddisfatta indifferenza assoluta. Come se Lazzaro non esistesse. Il ricco non fa del male al povero. Solo, non fa nulla per lui. E nessuno ha il diritto di non fare nulla, di ridurre a nulla l'uomo, un'ombra fra i cani. «Chi non ama è omicida» (cfr 1 Gv 3,15). Morì anche il ricco e fu sepolto nell'inferno. L'eternità era già iniziata, l'inferno è solo il prolungamento di questo abisso esistenziale di solitudini armate o gelide. Il peccato dell'uomo ricco è di essere già nel suo cuore, durante la sua vita, un separato. Da tutti gli innumerevoli Lazzari della terra. E l'eternità non farà che ratificare e rendere infinita questa separazione. «Chi non ama rimane nella morte», per sempre (1 Gv 3,14). Padre Abramo, mandalo dai miei cinque fratelli, perché li ammonisca. Ma non serve che un morto ritorni: non la morte ammaestra, ma la vita stessa. Chi non si è posto il problema davanti al mistero grande che è la vita, non se lo porrà davanti al mistero ben più piccolo che è la morte. E invoca: una goccia d'acqua per me, una goccia di miracolo per i miei fratelli. Ma la terra è già piena di miracoli e di profeti: hanno i profeti, ascoltino quelli! Non c'è miracolo che valga il brusìo dei poveri! «Dio abita una luce inaccessibile», dice Paolo (1 Tim 6,16), Dio abita nel povero, dice Luca; anzi nelle piaghe del povero. Dalle piaghe alla luce, ecco l'infinito percorso della storia. Dalle piaghe alla luce va il sentiero del Vangelo. |