Omelia (19-09-2004) |
padre Ermes Ronchi |
Dona e coprirai anche il male «Devi cento barili? Siediti e scrivi cinquanta». L'amministratore imbocca una logica nuova: regala olio e grano, regala vita, si serve del denaro per essere accolto, cioè per essere amato, imperativo fondamentale del vivere. Allo sfruttamento subentra il dono, l'accoglienza riscatta l'ingiustizia. Ed è questa accortezza che Gesù elogia. Questo è già servire i disegni di Dio e non la logica di mammona. Anche Dio alla fine sarà accoglienza. E nelle braccia degli amici ad accoglierti ci saranno le braccia di Dio. Gesù entra nella vita - e nella parabola - dal basso, dal povero, pensando a coloro cui è stato ridotto il debito, al sorso di vita che ricevono, alla felicità e alla riconoscenza che nascono. Questa rete di relazioni positive importa di più. Fatevi degli amici perché vi accolgano, in casa loro e «nelle tende senza tempo». Fatevi degli amici. Per tutti la più umana, la più dolce delle soluzioni: rendere più affettuosa la vita. Gesù nel fattore infedele indovina già un uomo circondato di amici. E un uomo così è un uomo buono, forse è già un uomo salvato. Una cosa è certa: secondo Gesù gli amici importano più dei soldi. Sono loro la misura di una vita riuscita. Siamo solo amministratori. Neppure della nostra vita siamo padroni: viene da altri e va' verso altri. Siamo amministratori infedeli. Abbiamo dissipato i doni di Dio e i suoi talenti. Ma per tutti è tracciata la via del riscatto: fare il bene comunque. L'elemosina, anche se fatta da un ladro, «copre ancora una moltitudine di peccati» (I Pt 4,8). Il bene è sempre bene, è comunque bene. Gesù insiste su questo concetto: anche se hai fatto del male, copri il male di bene. Hai causato lacrime? Ora rendi felice qualcuno. Hai derubato? Dona. Unica è la strategia di Dio: coprire il male di bene, perfino con ciò che è servito a fare del male, con la disonesta ricchezza. Perché il bene conta di più, una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania. Non potete servire a Dio e a mammona. Mammona è denaro idolatrato, vangelo deriso, «povero venduto per un paio di sandali» (Am 8,6). Il servo del denaro, prigioniero in una fortezza di beni ridicoli, grida al mondo: io ho, io accumulo, conto e riconto, accresco, moltiplico: questo sì che è vivere, cautelarsi, vincere. Chi serve Dio dice piano: io sono vita che accoglie altre vite, legame amicale tra uomo e uomo, e i miei beni sono un sacramento di comunione. La parabola parla di un Dio che si dimentica dentro l'improvvisa felicità dei debitori, un padrone che non rivendica i suoi diritti, che tra l'onestà e la salvezza sceglie la salvezza dell'amministratore; per lui, la felicità dei figli viene prima della loro fedeltà. E nelle dimore eterne accoglierà te, infedele ma amico, proprio con le braccia di coloro che avrai saputo rendere felici. |